sabato 31 ottobre 2015

Autunno: lavori da fare in orto e giardino




autunno orto hm


Con l'autunno, benché si preannuncia decisamente caldo e poco piovoso, arriveranno anche i primi freddi e proprio come noi che abbiamo pensato a fare il cambio di stagione in tempo, riponendo via per benino il vestiario più leggero per far posto a trench e foulard, anche le piante hanno bisogno di essere protette.
Quel che dobbiamo fare, allora, è munirci di semplice tessuto non tessuto, coprendole in modo da evitare loro bruschi stress soprattutto durante le ore notturne nel quale la temperatura scende ma non solo, infatti è bene pensare anche al terreno, culla delle radici e riserva dal quale le piante traggono il loro nutrimento.
Bisogna quindi recuperare paglia, sterpaglie o anche sfalci d'erba da porre sopra le radici attorno alle piante più delicate.
Il compost poi ormai sarà pronto quindi riponetelo nei vostri vasi o sul terreno ed iniziate così il vostro nuovo ciclo di compostaggio, questo giusto in tempo per averlo pronto poco prima della primavera quando vi servirà per fertilizzare nuovamente.
Infine questo è il momento per piantare i bulbi che spunteranno deliziosamente colorati facendo capolino verso la fine dell'inverno o al più tardi a inizio primavera.
Usate una miscela fatta con 3 parti di buon terriccio, 1 parte di torba ed 1 parte di sabbia oltre che uno strato di argilla espansa sul fondo.
Alcuni fiori da piantare in piena terra sono i crochi, i bucaneve e l'aconito invernale.
piantare bulbiSe volete optate per dei bei vasi, magari da tenere in posizione un po' riparata o direttamente in casa piantate tulipani e giacinti ponendoli appena sotto la superficie del terriccio, in modo che le punte siano appena ricoperte, così da poterne vedere la fioritura già a dicembre.
I crochi invece hanno bisogno di essere piantati qualche centimetro più in profondità mentre per i narcisi lasciateli emergere un po dal terreno.
I vasi poneteli al fresco ed al buio per 8 settimane e quindi, quando la maggior parte dei bulbi avrà prodotto dei germogli,poneteli pure dove desiderate.
Ma non è finita qui.
In autunno infatti puoi fare la tua scorta di semi perfetti da usare per le semine dell'anno prossimo.
E' semplicissimo: lascia maturare i frutti e dopo aver prelevato i semi, lasciali asciugare. Conservali quindi in piccoli sacchettini di carta che puoi benissimo realizzarti da te usando carta di giornale o da riciclo e piegandola in modo da formare un piccolo sacchettino e poni i tuoi sacchettini di semi in un luogo buio, fresco e asciutto.

Cotone

 Cotone - Gossypium spp.

Atlante delle coltivazioni erbacee - Piante industriali


Classe: Dicotyledones
Sottoclasse Dialypetaleae
Ordine: Columniferae
Famiglia: Malvaceae
Tribù: Gossypieae
Genere: Gossypium

Francese: coton; Inglese: cotton; Spagnolo: algodón; Tedesco: Baumwolle.

Origine e diffusione

Cotone - Gossypium hirsutum L.Il Cotone è una pianta coltura da fibre tessili, coltivata per i lunghi peli che accompagnano i semi e che costituiscono la bambagia. Le specie di cotone coltivate sono diverse e ognuna presenta un areale di origine più o meno noto. L'nizio della sua coltivazione risale alla preistoria.
E' la più importante pianta tessile al mondo, ed è presente in tutte le aree geografiche; i maggiori produttori sono Cina, Stati Uniti, India, Pakistan. In Europa viene coltivata in Grecia e Spagna; un tempo veniva coltivata anche in Sicilia, oggi è praticamente scomparsa.
Le specie di cotone attualmente coltivate comprendono i cotoni diploidi Gossypium arboreum L. e Gossypium herbaceum L., e i cotoni tetraploidi Gossypium hirsutum L. e Gossypium barbadense L..


Caratteri botanici


Gossypium arboreum L.
E' una pianta arbustiva, alta fino a due metri, variabile dal punto di vista morfologico, con fusto più o meno peloso e provvisto di ghiandole. Le foglie sono palmate con 3-7 lobi ovati o lanceolati, con poche o nessuna ghiandola nettarifera. I fiori e i frutti sono portati da infiorescenze simpodiali, inseriti su peduncoli lunghi fino a 6 cm; i petali sono di solito gialli, in genere con una macchia porpora basale. Ogni capsula è triloculare, raramente a quattro loculi, e in ogni loculo ci sono fino a 17 semi che portano fibre di colore bianche o marroni, lunghe fino a 2,5 cm.

Gossypium barbadense L.
E' una pianta arbustiva, a volte arborescente, alta fino a tre metri, con fusto da glabro a pubescente, in genere provvisto di ghiandole. Le foglie sono palmate, formate da 3-7 lobi, provviste di nettari. I fiori, posti su peduncoli lunghi fino a 4 cm, sono provvisti di ghiandole, con petali di solito gialli, con macchie rosse alla base. Le capsule, triloculari, a volte tetraloculari, sono glabre e allungate e contengono 5-8 semi liberi o o fusi, con fibre bianche lunghe oltre 3 cm.
Cotone - Gossypium barbadense L.
Gossypium herbaceum L.
E' una pianta arbustiva alta fino a 1,5 metri; il fusto è in genere peloso e provvisto di ghiandole. Le foglie sono leggermente palmate, formate da 3-5 lobi, con scarsi nettari. I fiori, con peduncoli lunghi fino a 3 cm, hanno colore giallo con macchie basali purpuree, con poche o privi di ghiandole. Le capsule tri-tetraloculari, contengono fino a 11 semi che portano fibre corte (meno di 2,5 cm).

Gossypium hirsutum L.
E' una pianta arbustiva alta anche più di due metri, ramificata, con rami più o meno pubescenti e con ghiandole sparse. Le foglie presentano lunghi piccioli e sono formate da 3-5 lobi poco definiti. I fiori sono di color crema o giallo pallido, provvisti o meno di una macchia scura alla base. Le capusule sono glabre, tetraloculari, a volte pentaloculari, contenenti 5-11 semi per loculo; le fibre sono bianche o rosso scure, di media lunghezza (2,5-3 cm).
Il ciclo è abbastanza lungo e viene distinto in quattro fasi: germinazione, dall'emergenza alla comparsa dei bottoni fiorali, dalla fioritura all'inizio della deiscenza delle capsule, dall'inizio della deiscenza delle capsule alla completa maturazione.


Esigenze ambientali

Pianta tipica dei climi caldi, il cotone necessita di temperature medie piuttosto elevate. Le zone in Italia in cui tale pianta potrebbe essere coltivata presentano precipitazioni non adeguate. Necessita di piogge frequenti durante la fase vegetativa e di un periodo di siccità durante la maturazione delle capsule.
La luminosità deve essere molto elevata. Si adatta a vari tipi di terreno, eccetto quelli compatti, con ristagni d'acqua o troppo ricchi di sostanza organica. Resiste bene in terreni molto salini.
Dal punto di vista nutritivo è una coltura poco esigente.
Una sola varietà italiana, la "Gela", è iscritta nel Registro delle varietà.

Tecnica colturale

Il cotone è considerato una pianta da rinnovo. L'aratura (a 40-45 cm) viene effettuata prima dell'inverno e viene seguita da una o due erpicature; prima della semina può essere effettuata una leggera erpicatura per eliminare le eventuali erbe infestanti.
La semina viene eseguita con seminatrici pneumatiche, a file distanti circa un metro e con distanza lungo la fila di 8-12 cm, a una profondità di 8-12 cm. Il numero di piante a metro quadrato è pari a 12,5 e si impiegano 15-20 kg ad ettaro di seme. Consigliata la concia del seme impiegando fungicidi e insetticidi.
Modesti gli apporti di elementi nutritivi: in coltura asciutta, 120 kg/ha di N, 140 kg/ha di fosforo e 100 kg/ha di potassio, distribuiti tutti in presemina; nel caso di coltura irrigua, la quantità di N distribuita in presemina può essere ridotta a 70 kg/ha, con successiva concimazione, 2-3 settimane prima dell'inizio della fioritura, con circa 50 kg di azoto nitrico.
Il cotone è molto esigente i acqua in occasione della germinazione e 2-3 settimane prima dell'inizio della fioritura. La competizione delle infestanti è da temere soprattutto nelle prime fasi del ciclo; il controllo viene fatto con scerbatura meccanica o chimica.

Raccolta e utilizzazione

La raccolta (in Italia) si fa tra settembre e ottobre in più riprese (3-4), a mano. Nella grande coltura la raccolta è stata meccanizzata. La completa deiscenza delle capsule e la perfetta secchezza dei segmenti del pericarpio sono i principali caratteri i quali indicano che la fibra è matura e può essere quindi raccolta.
Le rese in fibra sono molto variabili (dai 20 ai 60 quintali ad ettaro). La produzione principale è la fibra (impiegata nell'industria tessile); i parametri qualitativi sono la lunghezza, il colore, il carattere e l'uniformità.
Dai semi si estrae un olio impiegato per usi alimentari e nell'industria dei saponi; la resa in olio varia dal 15 al 24% nei semi non decorticati. Il panello di cotone viene impiegato nell'alimentazione zootecnica, ad esclusione dei monogastrici. Gli involucri dei semi, le capsule e parte degli steli (borre o linters) che residuano dalla lavorazione delle capsule vengono impiegati nella fabbricazione delle nitrocellulose per vernici o splosivi. Con i linters si possono produrre i cotoni idrofili, ovatte e imbottiture. Le bucce dei semi che residuano dalla decorticazione vengono impiegate per produrre cellulosa, pentosani, lignine, alimenti zootecnici e come concime organico.

Avversità e parassiti
Le principali avversità climatiche sono dovute alla temperatura e alla carenza di acqua.
Tra le batteriosi, la più dannosa è la maculatura angolare (Xanthomonas malvacearum (E.F.S.) Dows.).
Tra le micosi, la fusariosi (Fusarium vasinfectum Atk.), il marciume radicale (Phymatotrichum omnivorum (Shear) Dug.), l'antracnosi (Glomerella gossypii (Southw.) Edg.), Rhizoctonia solani Kuehn.
I parassiti animali più dannosi sono gli insetti (Thrips tabaci Lind., Aphis gossypii Glov., Adelphocoris rapidus Say., Agrotis segetis Hb, Platyedra gossypiella Saund.) che vengono controllati dai comuni insetticidi utilizzati anche su altre colture.

Asparago


Asparago - Asparagus officinalis L.

Asparago - Asparagus officinalis L.
Atlante delle coltivazioni erbacee - Piante da tubero e orticole

Famiglia: Liliaceae
Specie: Asparagus officinalis L.

Francese: Asperge; Inglese: Asparagus; Spagnolo: Esparrago; Tedesco: Spargel.

Origine e diffusione

L'Asparago è una pianta erbacea perenne forse originaria della Mesopotamia. L'interesse per questa pianta come ortaggio risale all'antichità, ma sembra che solo verso la fine del Medio Evo abbia avuto inizio la sua coltivazione su larga scala. Con la scoperta del Nuovo Mondo anche l'asparago varcò l'oceano e trovò nuovi terreni idonei alla sua coltivazione. A livello mondiale i maggiori produttori sono Cina, Perù, Messico, Stati Uniti e Sudafrica; in Europa Spagna, Francia, Germania e Italia, che presenta le maggiori rese unitarie.
La tradizione mediterranea preferisce asparagi verdi, mentre nell’Europa del Nord e anche nel Veneto domina la preferenza per i turioni bianchi. La parte commestibile della pianta è il “turione” che possiede proprietà diuretiche e lassative.



Caratteri botanici

Asparago - Asparagus officinalis L.L'asparago appartiene alla famiglia delle Liliaceae, genere Asparagus, cui sono ascritte oltre 240 specie, tra cui la officinalis L.
L'apparato radicale è costituito da due tipi di radici:
- Principali: disposte a raggiera sulla "corona", carnose, cilindriche, prime di ramificazioni e ad accrescimento indefinito; possono raggiungere notevoli profondità e fungono da organo di riserva; se una radice principale viene tagliata non ramifica più e, per la difficoltà di cicatrizzare, tende a marcire.
- Secondarie: fibrose e più sottili, sono presenti lungo le radici principali e specialmente nella parte terminale e hanno funzione di assorbimento.
L'asparago è una pianta dioica e l'impollinazione avviene ad opera di insetti. In alcuni casi le piante maschili presentano fiori ermafroditi in grado di fruttificare. I fiori sono posti in posizione ascellare, solitari, piccoli, giallo-verdastri. Dalla fecondazione si formano delle bacche globose (grandi come un pisello) che mature si presentano di color rosso vermiglio, contenenti 3-6 piccoli semi neri e duri (1.000 = 20 g.).
La pianta maschile è più vigorosa, precoce e produttiva rispetto a quella femminile, ma produce turioni più sottili.
Il turione: germoglio "carnoso" di taglie differenti.
I turioni iniziano ad accrescersi ed a svilupparsi alla fine dell' inverno, quando la temperatura è in aumento, cioè quando si arriva a circa 10°C, perché in queste condizioni comincia ad esserci una forte migrazione di sostanze nutritive che vanno dalle radici alle gemme (i turioni).
Fuoriuscito dal terreno il turione si presenta con una forma allungata, più o meno spessa, e con la presenza di alcune foglioline caratterizzate dalla forma a scaglie.
Quando il turione non è ancora spuntato dal terreno esso è bianco, tozzo, con l' apice tondeggiante, mentre quando esce dalla terra diventa sempre più rosato fino a diventare violaceo e poi verde per effetto della fotosintesi.

Turioni di Asparago 

Tecnica colturale

Il ciclo dell'asparago presenta le seguenti fasi:
- allevamento (primi due anni), caratterizzato da un forte sviluppo vegetativo;
- produttività crescente (terzo e quarto anno) che corrisponde ai primi due anni di raccolta;
- produttività stabile (quarto e dodicesimo anno);
- produttività decrescente (dodicesimo e ventesimo anno).
L'asparago, per la sua permanenza nel terreno per più anni, non può essere inserito in una normale rotazione agraria, ma deve essere coltivato fuori rotazione; è considerato, comunque, una pianta miglioratrice per le profonde lavorazioni di cui necessità all'impianto, per le abbondanti concimazioni organiche e le ripetute sarchiature che richiede. Non è consigliabile far seguire l'asparago a se stesso, così come alla patata, alla medica, alla carota e alla barbabietola da zucchero, a causa dei violenti attacchi di rizottoniosi che si possono verificare in seguito; come colture precedenti sono da preferirsi i cereali vernini o anche il mais.

Preparazione del terreno

Va effettuata in autunno o, al massimo, nell'inverno precedente l'impianto dell'asparagiaia. La lavorazione fondamentale è un'aratura a profondità di circa 60 cm. Con questa lavorazione viene incorporata anche la concimazione di fondo a base di sostanza organica (fino a 500 q.li/ha) e fertilizzanti.
Successivamente si provvede ad erpicare e pareggiare la superficie del suolo; quando si attua l' impianto vengono aperte fosse parallele profonde 20-30 cm e larghe 50-70 cm, alternate a strisce della larghezza di 1-2 m dove viene accumulato il terreno rimosso.

Impianto dell'asparagiaia

L'impianto dell'asparagiaia può essere effettuato ricorrendo a diversi materiali, e precisamente:
- seme: la semina diretta è poco utilizzata in Italia in quanto il seme deve essere posto a una limitata profondità (1-2 cm) e in seguito il rizoma affiora velocemente dal terreno, con effetti negativi facilmente evidenziabili;
- zampe di uno o due anni: sono il materiale cui si ricorre nella tecnica tradizionale; le zampe possono essere messe a dimora sia in autunno, che all' inizio della primavera. Per la messa a dimora si deve creare sul fondo delle fosse un cuscinetto di letame, a sua volta coperto da un sottile strato di terra (2-3 cm), su cui vengono poste le zampe. Successivamente queste ultime vanno coperte con uno strato di terra fine (3-4 cm).
- plantule in cubetto dell'età di 60-70 giorni: è una tecnica cui si ricorre sempre più frequentemente negli ultimi anni. Per ottenere tale materiale si effettua la semina a 1-2 cm di profondità, in cubetti con un substrato pressato o in alveoli di polistirolo, e si mettono i contenitori a germinare a una temperatura di 24°C e a un'elevata umidità atmosferica. Dopo circa 12-18 giorni si ha la germinazione e dopo circa 2 mesi le piantine sono pronte per essere trapiantate in pieno campo. I vantaggi sono: elevata percentuale di attecchimento, riduzione della quantità di seme impiegato che rende più economico il ricorso a seme più costoso, contenimento dei costi d'impianto grazie all'uso di trapiantatrici meccaniche, utilizzo di materiale sano ottenuto su substrato inerte.

Produzione delle zampe

La semina si esegue a marzo, raramente in giugno, in un terreno sciolto e sabbioso dove è possibile una maggiore raccolta di zampe. I semi vengono impiegati in ragioni 6-700 grammi per 100 metri quadrati di semenzaio (un grammo di semente contiene 50 semi).
Si spargono in solchetti tracciati ala distanza di 30-35 centimetri e profondi 3-4 centimetri che, dopo la semina, vengono coperti in modo da formare una "costa" esposta al sole; questo facilita il riscaldamento del terreno, stimolando la germinazione del seme.
Il seme viene sottoposto a disinfezione, e pre-germinazione, affidandolo poi al terreno appena appare l'apice del germinello. Se il semenzaio è ben curato, prima con una buona preparazione del terreno, poi con annaffiature, le zampe saranno pronte per l' impianto già nell' autunno.

Concimazione

Come già detto, le esigenze nutritive dell' asparagiaia non sono trascurabili, soprattutto per quanto riguarda l'azoto e il potassio. Trattandosi di coltura poliennale, risultano molto importanti sia gli apporti nutritivi di inizio coltura, sia quelli annuali. Con l' impianto viene previsto l' interramento di letame, o di pollina.
La concimazione annuale va effettuata per metà prima della ripresa vegetativa, e per metà al termine della raccolta dei turioni, dove sono previsti apporti differenziati a seconda dello sviluppo delle piante.

Tecniche di produzione tradizionale

Dopo la piantagione bisogna avere molta cura che le piante attuino una vigorosa vegetazione, intervenendo, se necessario, per eliminare le erbe infestanti, gli attacchi di insetti e le eventuali malattie delle piante con mezzi manuali, meccanici o chimici.
Il diserbo chimico si esegue con modalità e con formulati diversi a seconda del materiale utilizzato per l'impianto e della fase in cui si trova l' asparagiaia.
Se la stagione in cui ci si trova è asciutta, sia per la scarsità di piogge, sia perché l' impianto è stato fatto su di un terreno sciolto, sarà utile un intervento di irrigazione, in genere nel periodo estivo, quando la raccolta è in via di completamento.
Al momento della levata delle piantine, sarà utile intervenire con concimazioni azotate o azoto-potassiche.
In caso di attacchi da parte di insetti, si deve intervenire tempestivamente con insetticidi adeguati.
Nel periodo autunno-inverno, si attua il taglio dei fusti disseccati, lasciandone un piccolo pezzo, che servirà da segnale di riconoscimento per capire dove è posta la fila di zampe, per non danneggiarle con le successive lavorazioni, che saranno indispensabili, oltre per l' eliminazione delle malerbe, anche per evitare fenomeni di abbassamento di temperatura del suolo, o accumuli di umidità.
I fusti in precedenza tagliati vanno bruciati, per prevenire il pericolo di reinfezioni.
Contemporaneamente vengono distribuiti i concimi nelle quantità programmate, coperti poi con uno strato di terra di 4-5 cm, proveniente dal cumulo interfilare per un primo rincalzo delle zampe.
Durante il secondo anno vengono ripetute le stesse operazioni, e le piante vengono lasciate sviluppare liberamente senza essere sfruttate.
Alla fine del secondo ed inizio del terzo anno, le fosse vengono colmate.
Al terzo anno comincia lo sfruttamento dell' asparagiaia.
Se l' impianto è destinato alla produzione dell' asparago bianco, le file vengono rincalzate in modo da favorire l'imbiancamento. Nel caso dell' asparago verde il terreno viene lasciato in pari.
La prima raccolta dei turioni può essere effettuata nei mesi di marzo e aprile, e nel primo anno si può raggiungere una sessantina di giorni di produzione. Durante il periodo di raccolta si può rendere necessaria una fresatura leggera; per l'eliminazione delle infestanti si possono distribuire degli antigerminello o disseccanti (in questo caso l'intervento dovrà essere eseguito prima della raccolta dei turioni).
Finito il periodo di raccolta, vengono eseguite una serie di cure colturali (diserbo - chimico o meccanico, irrigazioni e concimazioni azotate (distribuite in tutto il periodo estivo).
Queste operazioni hanno lo scopo di stimolare la ripresa vegetativa, l'allungamento del rizoma, la formazione di nuovi gruppi di gemme apicali, e di un nuovo fascio di radici ricche di sostanze di riserva capaci, nella prossima stagione produttiva, di una abbondante produzione di turioni.
Durante l'autunno-inverno si tagliano i fusti aerei ormai secchi, e si procede fresando leggermente il terreno, facendo in modo di disfare le prode ed provvedendo nel contempo all'interramento del concime.
Negli anni successivi le operazioni andranno ripetute con le stesse frequenze e modalità.
Prima dell' inizio della raccolta, si ripristinano le prode (se è previsto dalla coltura in atto), si irrora e si interra il diserbante (antigerminello). Queste operazioni vengono effettuate per l'intera durata della coltura (circa 10-12 anni).

Tecniche di forzatura

La coltura forzata viene eseguita per la produzione di particolari asparagi, i quali possiedono delle sfumature di colore (ne sono un esempio gli asparagi di Albenga che hanno una sfumatura violacea sul colore bianco dell' asparago).
Per attuare questa coltura viene impiegata una pacciamatura di cascame di cotone che, bagnato con acqua, fermenta sviluppando del calore, necessario per provocare il risveglio delle zampe e l'emissione dei turioni.
Sull'asparagiaia di due anni, preparata con impianto molto denso e con irrigazioni e concimazioni abbondanti, viene posto uno strato di cascame di cotone. Lo strato di cascame si dovrà presentare con una altezza di circa 25-30 cm, poi adeguatamente bagnato e pressato, a seconda della temperatura che si desidera raggiungere.
Nel periodo più freddo e piovoso si può montare una serra mobile sopra l' asparagiaia precedentemente preparata.
Si inizia la bagnatura del cascame, affinché venga attuata la fermentazione, si aumenta o si diminuisce la sua pressatura in modo da raggiungere una temperatura di 18-20°C.
La raccolta viene effettuata appena i turioni spuntano in superficie, così si presentano di colore bianco, o bianchi con sfumature di viola all'apice.
Oggi è stato messo in atto un altro tipo di forzatura: il terreno viene riscaldato grazie a dei tubi di materiale plastico, posti alla stessa profondità delle zampe, e all'interno viene fatta circolare dell' acqua a 30-40°C; viene inoltre realizzata la copertura con tunnel.
Una delle più importanti tecniche di forzatura è la pacciamatura con film plastici, che riscaldano gli strati superficiali del terreno favorendo così un' anticipata produzione.
La pacciamatura con film nero è utile anche per l' imbiancamento dei turioni

Raccolta, produzione e conservazione

La produzione di turioni varia moltissimo da regione a regione, in funzione di vari fattori tra cui la varietà, il tipo di turione, ecc. (da 30 a 140 q.li/ha).
La raccolta dei turioni è a scalare (giornalmente o a giorni alterni) nella coltura ordinaria e si esegue manualmente, con l' uso di un coltello a sgorbia, appena il turione è emerso per 10-12 cm o, nel caso dell' asparago bianco, appena spunta dalla baulatura.
La raccolta meccanica può essere effettuata impiegando macchine agevolatrici, che portano i raccoglitori e permettono loro di lavorare seduti.
Esistono anche macchine per la raccolta integrale, che tagliano i turioni ad una certa profondità, li sollevano e li convogliano su nastri trasportatori, per poi scaricarli in appositi contenitori. Il prodotto raccolto con questi macchinari è destinato soprattutto all' industria conserviera, perché i turioni non si presentano con una forma ottimale.
Dopo la raccolta, i turioni vengono selezionati, dividendoli in scarto, e commerciabili. Quelli commerciabili a sua volta vengono suddivisi in classi, in funzione della lunghezza, del calibro, della presentazione.
Una volta selezionati vengono legati in mazzi cilindrici uniformi, del peso di 1-2 kg, e di 20 cm di lunghezza e poi lavati. Nella grande produzione la selezione viene effettuata con degli appositi macchinari selezionatori.
Il prodotto deperisce molto rapidamente e pertanto è indispensabile abbassarne al più presto la temperatura per aumentarne la conservabilità. A tale scopo si ricorre sempre più spesso all'idrorefrigerazione, immergendo i turioni in acqua a 0,5-1°C.
Il prodotto può essere destinato sia al consumo fresco che all'industria; in quest'ultimo caso può essere surgelato oppure inscatolato e cotto a vapore.

Avversità atmosferiche

Molto dannose sono le basse temperature e le piogge, che possono ritardare o bloccare la raccolta, con la perdita del prodotto. E' molto importante inoltre mantenere la temperatura minima ottimale per la crescita dei turioni durante il periodo di raccolta; le grandinate non danno gravi problemi in primavera in quanto sono rare, mentre in estate possono provocare danni sulla produzione dell' anno successivo.
Un altro fattore negativo è il vento,che può provocare, specialmente nei terreni sabbiosi, danni per abrasione ai turioni in quanto può esservi il trasporto di sabbia.
Virosi
I più diffusi in Italia sono: Virus del mosaico e Virus 1 e 2.
Micosi
- Rizoctonia: può infettare l'asparago sia in vivaio che in pieno campo;
- Fusariosi: questa malattia fungina si nota alla raccolta dei turioni, perché si presentano in numero ridotto e con qualità pessime;
- Marciume basale: è determinato da varie specie del genere Phytophthora;
- Stemfiliosi o Bruciatura estiva: provoca ingiallimento della pianta, con successivo imbrunimento e disseccamento, tanto da sembrare bruciate;
- Ruggine: si manifesta con macchie ovali, allungate, giallastre che compaiono in primavera. In estate sulle foglie e sui rami si ritrovano i sintomi più comuni, e cioè delle pustole con masse polverulente, rossastre.
Le infezioni di ruggine possono produrre danni molto gravi che consistono nel disseccamento parziale o totale delle parti aeree della pianta, con diminuzione della vegetazione e con perdita di vitalità delle zampe.

Parassiti animali
Gli attacchi di insetti non sono molto sentiti in questa coltura, ma quelli più importanti e quindi da tenere sotto controllo sono: Afidi e Mosca dell'asparago. L'attacco dei primi provoca una malformazione strutturale della pianta, e cioè internodi ravvicinati, aspetto cespugioso; la Mosca dell'asparago è un' insetto presente da fine di aprile a giugno, che depone le uova tra i tessuti alla base delle squame dei turioni. Le larve scavano delle gallerie nel fusto, fino a che non si mutano in pupe. Svernano all' interno del fusto fino alla primavera successiva. I turioni infestati arrestano lo sviluppo, ed appaiono deformi e secchi.

Callistemon

Callistemon - Callistemon spp.
Atlante delle piante da vaso - Piante da appartamento e da balcone

Nome comune: Callistemone, Scovolina.
Genere: Callistemon.
Famiglia: Mirtaceae.
Provenienza: Australia.
Descrizione genere: comprende 25 specie di arbusti e alberi sempreverdi che possono raggiungere anche 3 m di altezza. Presentano foglie alterne, dure e lanceolate. I fiori, che compaiono in estate, sono riuniti in spighe terminali e presentano lunghi stami di colore rosso vermiglio e cremisi liberi ed eretti tanto dare all’infiorescenza l’aspetto di uno scovolino (da cui il nome comune della pianta). Dopo la fioritura la pianta produce piccoli frutti, dall’aspetto di capsule lignificate, che rimangono sulla pianta per più anni. Sulla pianta si possono trovare rami che portano l’infiorescenza dell’anno all’estremità e i grappoli dei frutti dell’anno precedente più in basso, visto che l’estremità dei rami continua a crescere anche dopo la fioritura. È adatto alla coltivazione in giardino e in terrazza, ma può essere coltivato anche in appartamento.
Callistemon linearis 

Specie e varietà
Callistemon citrinus: può raggiungere i 3 m di altezza. Le infiorescenze compaiono in luglio e presentano stami di colore rosso vivo. La varietà “Semperflorens” ha dimensioni più ridotte e una fioritura più abbondante e precoce.
Callistemon linearis: raggiunge i 2 m di altezza e presenta foglie lineari, di colore verde chiaro e infiorescenze con stami rosso intenso.
Callistemon salignus: può raggiungere i 4 m di altezza, pur mantenendo portamento compatto. I fiori compaiono in estate e sono riuniti in spighe di colore giallo crema o beige, lunghe fino a 6 cm.
Callistemon linearis 
Esigenze ambientali, substrato, concimazioni ed accorgimenti particolari
Temperatura: il Callistemone non sopporta gli inverni freddi e lunghi. La temperatura minima invernale dovrebbe essere intorno a 6-8°C.
Luce: posizione molto luminosa ed aerata in estate.
Annaffiature e umidità ambientale: le annaffiature dovranno essere moderate e preferibilmente con acqua non calcarea.
Substrato: il terreno dovrebbe essere ben drenato e non calcareo.

Moltiplicazione
Si riproduce per seme in primavera, in letto caldo, trapiantando successivamente le piantine in vasi di 8 cm. Dopo aver fatto trascorrere la stagione invernale a 7°C, si rinvasano in marzo e, solo nell’ anno successivo, si mettono a dimora. Le piante così ottenute fioriranno solo dopo 2-4 anni. Il Callistemone può essere moltiplicato anche per talea, in estate, prelevando parti di ramo semilegnoso della lunghezza di 8-10 cm, che verranno messe a radicare in un miscuglio di torba e sabbia a 20°C. Le piante così ottenute potranno fiorire dall’anno successivo.

domenica 18 ottobre 2015

giovedì 15 ottobre 2015

Camomilla romana

Camomilla romana - Anthemis nobilis L.
Atlante delle coltivazioni erbacee - Piante aromatiche
Famiglia: Asteracee (conosciuta un tempo anche come Compositae), una vasta famiglia di piante dicotiledoni dell'ordine delle Asterales.
Specie: Anthemis nobilis L.
Sinonimo: Chamaemelum nobile All.
Altri nomi comuni: Camomilla nobile
Generalità
Pianta originaria dell’Europa occidentale. Coltivata in Italia, raramente spontanea.
Camomilla romana - Anthemis nobilis L. 
Caratteri botanici
Erbacea perenne sempreverde, con fusti striscianti o ascendenti, un po’ legnosi in basso, alta 10 cm quando è verde e fino a 30 cm. quando è in fiore. In estate produce fiori grandi, singoli, bianchi, simili a margherite. Le foglie, pennatosette, sono verdi e hanno un profumo dolce se schiacciato. Spesso si trova in coltivazione la forma orticola a fiori doppi, tutti ligulati bianchi.
Coltivazione
La semina viene effettuata in primavera su substrato fertile e sciolto. Una volta sviluppate, le piantine possono essere poste in terra piena o in vaso, in zone soleggiate e con terreno ben drenato. Le piante adulte si possono moltiplicare per talea o per divisione.
Raccolta e conservazione
Cogliere i fiorellini non appena sono schiusi e utilizzarli freschi o essiccati.
Uso in cucina e proprietà terapeutiche
La camomilla romana viene utilizzata per vermuth, vini e liquori di erbe. L’infuso preparato con i fiori freschi o essiccati allevia l’insonnia e i disturbi digestivi.
Proprietà terapeutiche: amaro-toniche, digestive, antispasmodiche, antielmintiche e come disinfettante del cavo orale.

Abete canadese


Abete canadese 




Abete canadese - Tsuga canadensis (L.) Carrière


Classificazione, origine e diffusione

Divisione: Spermatophyta
Sottodivisione: Gymnospermae
Classe: Coniferae
Famiglia: Pinaceae

Albero originario delle zone orientali del Nordamerica, dal Canada orientale all'Alabama settentrionale. In Europa viene impiegato come specie ornamentale.




Caratteristiche generali

Dimensione e portamento
Nella zona di origine può raggiungere i 50 metri di altezza. Presenta chioma leggera, piramidale, verde scuro.
Tronco e corteccia
Tronco diritto con scorza rugosa e fessurata, dapprima bruno-cannella e poi grigia.
Foglie
Aghi più o meno pettinati, lunghi 1,5 cm, con minuti dentini al margine.
Strutture riproduttive
Coni giallo-arancio, peduncolati, numerosi, laterali e ascellari; coni femminili con breve peduncolo, terminali. a maturità sono ovati e ottusi all'apice, bruni, lunghi fino a 3 cm. Dopo aver liberato i semi, cadono a terra.

Abete canadese
Usi
La scorza viene usata per l'estrazione del tannino (ne contiene circa il 10-12 %). In Europa è usata come specie ornamentale grazie al suo aspetto decorativo.

Abete bianco

Abete bianco - Abies alba Mill.


Classificazione, origine e diffusione

Divisione: Spermatophyta
Sottodivisione: Gymnospermae
Classe: Coniferae
Famiglia: Pinaceae

Aree montuose dell’Europa occidentale, centrale e meridionale. In Italia, è frequente sulle Alpi, soprattutto orientali, ed è presente sugli Appennini in nuclei sparsi e disgiunti, sino alla Calabria (Sila, Serra S. Bruno, Aspromonte).

Alberi e strobilo di Abete bianco 


Alberi e strobilo di Abete bianco 


Caratteristiche generali

Dimensione e portamento
Albero con portamento colonnare e chioma a forma conico-piramidale. Caratteristica la sua punta a "nido di cicogna". Raggiunge altezze di 40-50 m.
Tronco e corteccia
Tronco diritto colonnare presenta una scorza liscia, grigio argenta che solo nei vecchi esemplari diventa opaca e rugosa a partire dalla base.
Foglie
Gli aghi sono pettinati appiattiti e lunghi fino a 3 cm, presentano base ristretta e apice arrotondato; la pagina superiore è verde scuro lucido, quella inferiore bianco azzurrina.
Strutture riproduttive
I coni maschili laterali, fitti, cilindrici, giallo-verdastri con squame purpuree; quelli femminili eretti sono portati sui rami più alti che hanno un aspetto ricco per le lunghe brattee sporgenti orizzontalmente.

Usi

Essenza forestale molto importante.
Fornisce un legname di minore qualità rispetto all'abete rosso, ma molto impiegato in falegnameria e nell'industria cartaria.

Indicazioni selvicolturali
L’abete bianco è tra le specie che nel nostro Paese ha maggiormente beneficiato della diffusione effettuata dall’uomo. Già a partire dall’anno 1000 d.C. la sua coltivazione ha avuto un forte sviluppo soprattutto grazie all’azione dei monaci (es. Vallombrosa e Camaldoli), in concomitanza con una grande richiesta di travi da opera dovuta allo sviluppo delle città. In passato la tipologia di trattamento più utilizzata era il taglio raso con rinnovazione artificiale posticipata con turni di 100 - 120 anni.
La tendenza attuale è quella di trasformare le abetine pure in boschi misti con strutture disetanee trattate con tagli a piccolissime buche e rinnovazione naturale
Nei boschi misti alpini con abete rosso e/o faggio l’unico trattamento adottato è il taglio saltuario con interventi ogni 10 - 15 anni.

martedì 13 ottobre 2015

Susino

Generalità

Il susino (Famiglia delle Rosaceae, tribu' delle Prunoideae, genere Prunus), rappresentato da numerose specie botaniche, e' originario per alcune dell'Asia, per altre dell'Europa e per altre ancora dell'America.
Pianta coltivata in tutto il mondo e in particolare in Europa.
In Italia lo si ritrova principalmente in Emilia Romagna e Campania; interessante anche la produzione in Trentino (Dro-Basso Sarca).
Le varie specie di Prunus sono raggruppate in tre categorie, ognuna delle quali e' suddivisa in piu' gruppi. Le categorie sono:
1) Specie asiatico-europee, con i seguenti gruppi:
- susini europei (Prunus domestica) a cui appartengono tutte le cultivar europee facenti capo ai tipi delle Regine Claudie, Prugne Vere, Goccie d’Oro, Diamantine Blu e Lombarde;
- susini siriaci (Prunus insititia) che comprendono i gruppi delle Damaschine ovali, Damaschine sferiche, Mirabelle, Sangiuliane;
- mirabolani (Prunus cerasifera), specie spontanea dell'Asia Minore;
- altre specie: appartengono a questo gruppo delle specie selvatiche utilizzate sia per la coltura che come materiale per il miglioramento genetico (Prunus spinosa, prunus cocomilia, ecc.).
2) Susini cino-giapponesi, con i seguenti gruppi:
- giapponese puro (Prunus salicina): specie originaria dell'Estremo Oriente, probabilmente della Cina;
- cino-giapponesi di minor interesse (Prunus simonii);
- altre specie: vi appartengono specie di minor interesse, quali il Prunus platysepala, Prunus bokhariensis, originario dell'India orientale.
3) Susini americani: susini di scarso interesse con diversi gruppi tra i quali: americane pure (Prunus americana), nigra (Prunus nigra), Van Buren (Prunus americana mollis) ecc.
Per quanto concerne la biologia si distinguono i susini europei, a fioritura tardiva, quasi tutti autocompatibili e con 1-2 fiori per gemma, dai susini cino-giapponesi, più precoci, con autoincompatibilità e 2-3 fiori per gemma; l’impollinazione è entomofila ed anemofila.
Limiti pedoclimatici: la fioritura tardiva dell’europeo consente una maggiore resistenza al freddo, ma è un susino che ha maggior fabbisogno in freddo (poco consigliati al Sud); vale il contrario per il cino-giapponese; buona è la capacità di adattamento e la resistenza all’eccesso di calcare.

Susine Red Beauty 

Varietà e portinnesti

Per la scelta delle cv si osservino le Liste di orientamento varietale – Progetto finalizzato MiPAF. Si ricordano per i susini europei: Firenze ’90, precoce, Stanley, più coltivata, produttiva, e con maggior qualità, Empress, tardiva, più grossa e con meno qualità, purtroppo ricettacolo di virus, President. Per i susini cino-giapponesi: Sorriso di Primavera e Shiro, ottimi impollinatori, Black Gold e Diamond, T.C. Sun ed Angeleno che è la più diffusa da noi.
Per i portinnesti vi sono:
- Mirabolano da seme (P. cerasifera)
- Mirabolano 29C, siccome usato anche con l’albicocco sostituisce il B
- Mirabolano B, adatto all’innesto
- Marianna, di cui ne esistono diversi tipi, resistenti all’asfissia
- Jaspi e Junior, il secondo è un po’ più pollonifero
Propagazione: per seme, talea , margotta e micropropagazione si ottengono portinnesti; si usa l’innesto per la parte epigea.

Susine Regina Claudia  

Tecnica colturale

Le forme di allevamento possono essere: vaso basso (sesti 5,5 x 3 m), palmetta irregolare (4,5 x 3 m), e Palmetta libera (4,5 x 3 m).
L’irrigazione è fondamentale nel periodo della fioritura, dell’allegagione e dell’accrescimento del frutto. Non presenta problemi di nutrizione. Circa la potatura del susino essa si basa sempre sull’habitus di fruttificazione (decidere se produrre su dardi, rami misti, rami anticipati) cui si aggiungono interventi di contenimento delle dimensioni della pianta, eliminazioni di rami soprannumerari; per il susino europeo oltre a lasciare una buona carica di gemme bisogna tener conto che occorrono potature più energiche per cv che producono su rami più corti; per il susino cino-giapponese invece le potature più energiche per cv che producono su rami misti e brindelli e meno energiche con eruzione su mazzetti di maggio. Si usa anche la potatura verde, specie nel meridione e poi il diradamento dopo l’indurimento dell’endocarpo.

Produzioni

La raccolta copre un periodo ampio, da giugno ad ottobre, perciò possono essere eseguite anche cinque raccolte. Gli indici di maturazione sono: il grado rifrattometrico, la resistenza della polpa (misurata col penetrometro), il rapporto solidi solubili/acidità totale, infine la variazione del colore di fondo della buccia.
La prima raccolta è sempre la migliore, mentre la terza dà frutti di seconda qualità.
Per l’essiccazione va ritardata la raccolta e con unico passaggio.
La conservazione in frigorifero delle susine può essere solo di breve durata in quanto questi frutti mal sopportano i trattamenti termici di conservazione essendo facilmente soggetti all'imbrunimento della polpa.

Avversità

Sono importanti le batteriosi quali il cancro batterico delle drupacee, Pseudomonas mors-prunorum, e la maculatura batterica, Xantomonas campestris pv pruni; da non dimenticare la Sharka o Plum Pox Virus, che si trasmette ad opera di molti afidi. Alle malattie dette, di cui se ne occupa il miglioramento genetico, si aggiungono Fitoplasmosi (sui cino-giapponesi), Moniliosi, con Monilia laxa e fructigena, e non mancano lepidotteri, tra cui tignola, ed afidi.

Pesco




Generalità
Il pesco è probabilmente originario della Cina (secondo alcuni del Medio Oriente - Persia), dove lo si può ancora rinvenire allo stato selvatico. L'introduzione del pesco in Europa viene da alcuni attribuita ad Alessandro Magno a seguito delle sue spedizioni contro i Persiani, secondo altri i Greci lo avrebbero introdotto dall'Egitto.
Viene coltivato in molti Stati nelle zone con clima temperato mite. A livello mondiale i maggiori produttori sono gli Stati Uniti, seguiti dall'Italia, Spagna, Grecia, Cina, Francia e Argentina.
In Italia le regioni maggiori produttrici sono l'Emilia-Romagna (circa 1/3 della produzione), Campania (1/4), Veneto e Lazio. I primi pescheti specializzati in Italia risalgono alla fine dell'800 e sono stati realizzati in provincia di Ravenna.
Il pesco appartiene alla famiglia delle Rosaceae, tribù delle Amigdaleae, sezione delle Prunoidee , genere Persica, specie vulgaris. Secondo altri studiosi apparterrebbe al genere Prunus (specie persica), come l'albicocco, il ciliegio, il mandorlo e il susino.
Il genere Persica comprende varie specie, tra cui diverse ornamentali. Tra quelle coltivate ricordiamo:
- Persica vulgaris Mill. (= Prunus persica (L.) Batsch.): produce frutti con buccia tomentosa; da consumo fresco o da industria;
- Persica laevis DC (= Prunus persica var. necturina Maxim., Prunus persica var. laevis Gray): pesco noce o nettarina, che produce frutti glabri da consumo fresco.
Il pesco comune è un albero di modeste dimensioni, alto fino a ca. 8 m, con apparato radicale molto superficiale, corteccia bruno-cenerina e rami radi, divaricati, rosso-bruni.
Le foglie sono lanceolate, strette, seghettate.
I fiori, che sbocciano prima della comparsa delle foglie, sono ermafroditi, ascellari, pentameri, colorati in rosa più o meno intenso. I petali sono cinque, il calice è gamosepalo, con cinque sepali; gli stami sono numerosi, fino a 20-30. Il pesco è, in genere, una specie autofertile. Gli ovuli, generalmente due, non giungono tutti a maturazione, ma solo uno di essi viene fecondato e giunge a maturità. Il nocciolo di pesco contiene perciò un solo seme (o mandorla) solcato profondamente, che è di sapore amaro per l'elevato contenuto di amigdalina, un glucoside cianogenetico caratteristico di alcune drupacee. I frutti (le pesche) sono drupe carnose, tondeggianti, solcate longitudinalmente da un lato, coperte da una buccia tomentosa (pesche propriamente dette) o glabra (pesche-noci o nettarine) di vario colore. La polpa è succulenta, di sapore zuccherino più o meno acidulo, di color bianco, giallo o verdastro. La pesca ha una tipica consistenza polposa e succosa che è dovuta all'elevato contenuto in acqua ed alla presenza di pectina.
La maturazione dei frutti avviene tra la prima e la seconda decade di maggio nelle zone meridionali, fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive.
In linea di massima le condizioni climatiche italiane e degli altri Paesi mediterranei sono ideali per la coltivazione del pesco che può sopportare limiti assai ampi, da minime invernali di anche -15 -18°C fino ad ambienti subtropicali dove il riposo invernale è alquanto limitato.


Pesche varietà Regina di LondaVarietà e portinnesti

La scelta del portinnesto dipende da numerosi fattori: il tipo di terreno, le colture che hanno preceduto, la possibilità o meno di irrigare, la reperibilità sul mercato vivaistico, la varietà, ecc. Numerosi sono i possibili portinnesti utilizzabili anche se, nella pratica, quelli più diffusi sono pochi. Ricordiamo: Franco Slavo, Selezioni del franco, Serie P.S., GF 677, Sirio, Hansen, Barrier 1, Susino, M.r.S 2/5, Penta e Tetra.
Le cultivar di pesco, in relazione alla specie di appartenenza e al tipo di prodotto fornito, vengono distinte in:
- cultivar da consumo fresco;
- nettarine;
- percoche.
Nell'ambito delle specie fruttifere maggiormente diffuse nel nostro paese, il pesco da sempre registra la più ampia "creatività" intesa come numero di nuove cultivar che annualmente vengono poste all'attenzione dei frutticoltori. Tale situazione pone problematiche sia al mondo della ricerca, per le difficoltà che si incontrano nel tentativo di valutare preventivamente le "novità varietali" prima che siano rese note sui cataloghi vivaistici; sia a quello produttivo, per il disorientamento che provoca tra i frutticoltori al momento della scelta delle cultivar che dovrebbero rispondere alle esigenze programmatiche dei nuovi impianti da realizzare. Questo intenso dinamismo ha modificato sostanzialmente il "vecchio assortimento varietale", cosa non avvenuta per molte altre specie fruttifere.
Soprattutto nell'ultimo decennio si è assistito ad importanti mutamenti dei caratteri pomologici e commerciali delle nuove cultivar di pesco che interessano sostanzialmente:
a) il colore dell'epidermide, che si è evoluto dal rosso più o meno soffuso e spesso striato su fondo difficilmente privo di verde, seppure chiaro, ad un rosso molto intenso ed estremamente unito, che compare spesso assai prima dell'epoca di raccolta commerciale dei frutti;
b) il sapore della polpa, che tende ad "appiattirsi" rispetto a quello tipico delle "vecchie cultivar", tanto a polpa gialla (generalmente più acide), quanto a polpa bianca (quasi sempre più sapide, perché maggiormente ricche di zuccheri);
c) la consistenza del frutto, tanto sull'albero che post-raccolta, che nelle "nuove cultivar" si presenta elevata o molto elevata, rispetto a quella media o medio-scarsa delle "vecchie cultivar".
Queste modificazioni hanno interessato le cultivar per il consumo fresco, tanto di pesco che di nettarine, ma non quelle per l'industria, più legate a specifiche esigenze tecnologiche dei mezzi meccanici e chimici utilizzati per la trasformazione dei frutti.
Le cultivar da consumo fresco vengono distinte in:
- cultivar a polpa gialla consigliate: Earrly Maycrest, Queencrest, Maycrest, Springcrest, Spring Lady, Springbelle, Royal Glory, Flavorcrest, Redhaven, Rich Lady, Lizbeth, Red Moon, Red Topo, Summer Rich, Maria Marta, Glohaven, Pontina, Romestar, Elegant Lady, Suncrest, Red Coast, Symphonie, Franca, Sibelle, Cresthaven, Roberta Barolo, Bolero, Fayette, Promesse, Sunprice, Aurelia, Early O'Henry, Padana, Calred, O'Henry, Guglielmina, Parade, Flaminia, Fairtime;
- cultivar a polpa bianca consigliate: Primerose, Springtime, Alexandra, Felicia, Anita, Iris Rosso, Maria Grazia, Daisy, Alba, Bea, Redhaven Bianca, Maria Bianca, Fidelia, White Lady, Rosa del West, Maria Rosa, Rossa San Carlo, Maria Angela, Tendresse, Toro, Dolores, K2, Regina Bianca, Duchessa d'Este, Maria Delizia, Tardivo Giuliani, Michelini, Regina di Londa.
Le nettarine possono essere distinte in:
- a polpa gialla consigliate: May Glo, Lavinia, Armking, Rita Star, Maria Emilia, Supercrimson, May Diamond, Red Delight, Weinberger, Gioia, Early Sungrand, Big Top, Spring Red, Firebrite, Maria Laura, Independence, Flavor Gold, Pegaso, Maria Carla, Red Diamond, Antares, Summer Grand, Flavortop, Stark Redgold, Nectaross, Maria Aurelia, Venus, Maria Dolce, Orion, Sweet Red, Caldesi 84, Royal Giant, Sirio, Scarlet Red, Fairlane, Tastyfree, Caldesi 85, California;
- a polpa bianca: Silver King, Caldesi 2000, Caldesi 2010, Silver Star, Silver Moon, Caldesi 2020.
Tra le pesche da industria (o percoche) consigliate ricordiamo: Federica, Tirrenia, Loadel, Villa Giulia, Romea, Villa Adriana, Tebana, Adriatica, Lamone, Villa Ada, Babygold 6, Villa Doria, Carson, Vivian, Andross, Jungerman, Babygold 9, Merriam.

Pesche varietà Regina di Londa 

Tecnica colturale

Il pescheto può essere eseguito con astoni innestati da vivaio, piante innestate a gemma dormiente (1-2 gemme), con portinnesti di un anno da innestare in campo e anche con piante in vaso innestate e in vegetazione.
I sistemi di allevamento del pesco si possono classificare in: forme in volume, forme a parete verticale e a pareti inclinate. Tutte le forme si possono ottenere più o meno rapidamente a seconda che si privilegi una potatura che si preoccupi soprattutto della forma voluta oppure la precoce entrata in produzione, limitando quanto più possibile interventi di taglio nei primi anni arrivando alla forma voluta più tardi. La moderna frutticoltura tende sempre più al secondo metodo per ammortizzare i costi nel minor tempo possibile. In generale, si può affermare che l’attuale tecnica tende a contenere lo sviluppo delle piante al fine di ridurre i tempi di lavoro.
Le forme di allevamento utilizzate nelle diverse realtà persicole sono: vaso, vasetto ritardato, vaso veronese, Palbidone, Palmetta, Pal-spindel, Fusetto, Ipsilon trasversale.
La scelta del sesto d'impianto deve tenere conto di molti elementi: il portinnesto, la fertilità del terreno, la forma di allevamento, la disponibilità di acqua, la varietà , ecc.
La potatura di produzione ha lo scopo di regolare la produzione e migliorare la qualità dei frutti. Nel pesco inizia molto presto: già al secondo anno compaiono diversi frutti e al quarto o al quinto anno si passa alla piena produzione; l’intensità del diradamento dei rami misti deve anch’essa essere man mano maggiore fino a raggiungere il 50-70 % nella fase adulta. Al raggiungimento della piena fruttificazione si deve porre la massima attenzione per mantenere il giusto equilibrio fra vegetazione e produzione, distribuendo quest’ultima sulle branche primarie e secondarie in modo razionale mediante l’asportazione dei rami che hanno prodotto e tagli di ritorno sopra uno o più rami misti di giusto vigore, eliminando i rami troppo vigorosi o male inseriti così da mantenere i rami a frutto il più possibile vicino alla struttura scheletrica della pianta.
Le varietà di pesche da industria (percoche), in generale, producono meglio sui dardi (mazzetti di maggio) e sui brindilli inseriti sui rami che hanno già fruttificato (grondacci), pertanto questi non vanno asportati completamente ma accorciati o diradati in quanto per queste varietà l’industria richiede frutti di pezzatura uniforme e non grossa.
Durante la piena fruttificazione è necessario eseguire uno o due interventi in verde per asportare i succhioni, diradare o piegare i germogli onde favorire una buona lignificazione e mantenere rivestita la parte basale della chioma.
Il diradamento dei frutti è la più importante operazione per ottenere frutti di pezzatura commerciale a complemento della potatura sia di allevamento che di produzione. Va eseguita alla quarta-sesta settimana (25-35 giorni) dopo la piena fioritura: iniziata precocemente assicura una miglior pezzatura dei frutti, un anticipo della maturazione, miglior colore e maggiore differenziazione di gemme per l’anno successivo ma, nelle varietà soggette a spaccatura del nocciolo, ne accentua il difetto. Nelle varietà molto precoci e sotto tunnel di forzatura, può essere utile eseguire il diradamento in due volte, una prima volta energica e una seconda di rifinitura.
La corretta nutrizione è un elemento fondamentale per assicurare elevati livelli produttivi e qualitativi del pescheto; essa deve tenere conto di tutte le tecniche colturali applicate e delle reali condizioni del terreno opportunamente analizzato. L’estrema diversità di tipi di terreno e di ambienti in cui il pesco viene coltivato rende impossibile una generalizzazione della concimazione; questa deve sempre essere fatta sulla base di informazioni relative alle caratteristiche fisico-chimiche risultanti dalle analisi del terreno. Durante la preparazione del terreno è sempre consigliabile un’abbondante concimazione organica sia generalizzata che localizzata sulla fila o nella buca; nei terreni sciolti, grossolani, è opportuno frazionare gli apporti organici distribuendone parte prima dell’impianto e parte alla fine della prima vegetazione, calcolando che per ogni 100 quintali di letame si apportano circa 50 unità di azoto, 30 unità di fosforo, 40 unità di potassio, microelementi, e si migliora la struttura del terreno nonché l’assorbimento degli elementi nutritivi. La concimazione minerale deve tenere conto delle dotazioni di fosforo e potassio rilevate. Con le nuove tecniche il periodo di allevamento è ridotto quasi ad una sola vegetazione, pertanto fin dal primo anno si deve intervenire con la concimazione in funzione della produzione; questa dovrebbe essere guidata dalla diagnostica fogliare stante la diversità di condizioni che caratterizza le aree peschicole e gli stessi frutteti. L’inerbimento favorisce l’assorbimento sia del potassio che del fosforo. I microelementi vanno considerati con attenzione ricorrendo alla diagnostica fogliare per valutarne la necessità di apporti durante la fase produttiva.
I fabbisogni idrici del pesco variano a seconda di diversi fattori: terreno, piovosità, portinnesto, varietà, gestione del suolo, ecc.. E’ stato calcolato che un ettaro di pescheto in produzione consuma da 2500 a 4000 mc d’acqua pari a 250-400 mm di pioggia; considerando però che le piante utilizzano solo una parte dell’acqua che arriva loro per le precipitazioni o per l’irrigazione, l’apporto deve essere sensibilmente superiore.
La distribuzione del totale volume di adacquamento deve differenziarsi in funzione delle diverse situazioni: più frequente nei terreni sciolti che in quelli compatti; più concentrata in primavera-inizio estate per le varietà precoci; abbondante nella fase di fioritura, scarsa fino all’indurimento del nocciolo, più forte durante l’accrescimento del frutto, ancora limitata dopo la raccolta seppur continua, per favorire la differenziazione delle gemme e l’accumulo di sostanze di riserva.
L’inerbimento anche parziale del pescheto comporta la necessità di abbondare con le concimazioni e l’irrigazione a causa della competizione nutrizionale ed idrica che può compromettere l’attività vegetativa e la quantità dei frutti. L’inerbimento migliora le caratteristiche di porosità e permeabilità del terreno, inoltre incrementa il contenuto di sostanza organica e l’attività biologica del terreno.
Nei pescheti condotti in coltura asciutta non è possibile l’inerbimento ed è necessario ricorrere alla lavorazione del suolo con la precauzione di eseguirla in modo molto superficiale, evitando l’esecuzione in periodi troppo umidi per non compattare e creare problemi di asfissia alle radici del pescheto.

Produzioni

Per determinare il momento ottimale per eseguire la raccolta si può ricorrere all'uso di penetrometri, strumenti che consentono di determinare la resistenza alla penetrazione di puntali di superficie nota, anche se per il pesco si ricorre spesso ad altri parametri, tra cui il controllo della colorazione dell'epidermide, in particolare modo del colore di fondo.
La raccolta viene effettuata generalmente in più volte; sono escluse le percoche qualora si pratichi la raccolta meccanica. questa operazione può essere fatta ricorrendo ai sistemi tradizionali, cioè alle scale oppure ad appositi carri raccolta opportunamente attrezzati per l'utilizzazione dei pallets.
La produttività degli impianti peschicoli può variare notevolmente: risulta minore per le cultivar precoci mentre tende ad aumentare per quelle tardive; nelle cultivar più produttive può giungere fino a 400 q/ha.
Dalle aziende le pesche passano, normalmente, ai magazzini di lavorazione dove si provvede alla cernita, alla spazzolatura, e al confezionamento in imballaggi standardizzati e per le varietà intermedie o tardive alla conservazione.
La pesca oltre che essere consumata allo stato fresco in numerose preparazioni è largamente utilizzata nella produzione di marmellate, succhi e pesche sciroppate, pesche essiccate, mostarda e canditi, frutti al brandy, alcool.. In Italia l'industria conserviera di pesche occupa un posto di primo piano.

Avversità

Avversità non parassitarie
Sono rappresentate dalle difficili condizioni climatiche, dalle alterazioni dovute a carenze o eccessi nutrizionali e idrici, da un errato uso di fitofarmaci o dagli inquinanti atmosferici. Le principali avversità meteoriche sono le basse temperature, la grandine, la neve, e il vento. I freddi precoci risultano dannosi in alberi di pesco abbondantemente e tardivamente concimati con azoto e/o oggetto di irrigazioni eccessive eseguite tardivamente e in tutti i casi in cui l'attività vegetativa delle piante sia protratta oltremisura nel tempo. I forti freddi invernali possono causare danni anche gravi. I freddi tardivi risultano particolarmente dannosi in prossimità della fioritura. La grandine è in grado di provocare gravi danni non solo alla produzione ma anche alla vegetazione. Il vento risulta molto dannoso durante la fioritura perché impedisce il volo dei pronubi, oltre che in prossimità della maturazione in quanto determina un distacco anticipato dei frutti.
Virosi, micoplasmosi e batteriosi
La tecnica della micropropagazione ha reso possibile la commercializzazione di materiale esente da virosi.
Ciononostante nei pescheti adulti è possibile riscontrare ancora diverse virosi o micoplasmosi quali: accartocciamento clorotico, calico o mosaico giallo, nanismo, maculatura anulare, maculatura clorotica, mosaico, rosetta a mosaico, rosetta a foglie saliciformi, pesca verrucosa, butteratura del legno, giallume, rosetta, malattia X.
Le batteriosi che si possono riscontrare sul pesco sono rappresentate essenzialmente dal tumore radicale, dal cancro batterico e dalla maculatura batterica.
Micosi
Molte sono le crittogame parassite del pesco; tra le tante risultano più dannose la bolla, l'oidio, il corineo, la monilia, il cancro, il mal del piombo, il marciume del colletto.
Parassiti animali
Tra gli insetti ricordiamo: gli afidi (afide nero del pesco, afide bruno del pesco, afide farinoso del pesco, afide verde del pesco), le cocciniglie (cocciniglia a barchetta del pesco, parlatoria dei fruttiferi, cocciniglia bianca del pesco, cocciniglia di S. Josè), l'anarsia, la tignola orientale, la mosca della frutta; danni occasionali possono essere provocati dal taglia gemme dei fruttiferi, dal taglia gemme dorato, dallo scolitide dei fruttiferi e dallo xileboro dei fruttiferi.
Gli acari presenti sul pesco sono essenzialmente il ragno rosso, il ragnetto rosso, il ragnetto bruno dei fruttiferi.
I nematodi che attaccano il pesco sono molti e fra questi alcuni del genere Meloidogyne.

Pero


Generalità

Il pero appartiene alla famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia delle Pomoideae, genere Pyrus.Origine discussa: si distinguono specie occidentali, Pyrus Communis principale, e specie orientali in cui si riscontrano maggiori resistenze, anche al colpo di fuoco batterico; in Cina si usa il Pyrus pyrifolia appartenente a queste ultime. Circa la biologia nel pero si riscontra spesso l'auto-incompatibilità, causata da sterilità sia fattoriale che morfologica e citologica; come nel melo esistono cv triploidi che possono dare anomalie. Peculiarità del pero è la produzione via partenocarpica presente in numerose cv, tuttavia è sempre preferibile ricorrere a buone cv impollinatrici.
L'impollinazione è ovviamente entomofila tuttavia il fiore è poco attrattivo e si preferisce mettere più arnie.
Limiti pedoclimatici: principale è la resistenza al calcare, soprattutto con il portinnesto di cotogno; altri limiti sono costituiti dalla resistenza al freddo principalmente ed alla siccità (sempre col cotogno che ha apparato radicale superficiale), qualche problema sorge in casi di carenze nutrizionali.
Il pero è un albero vigoroso, di forma piramidale nei primi anni e tendenzialmente globosa a muturità, che può raggiungere un'altezza anche di 15-18 m.
Il pero presenta gemme a legno e miste portate da diversi rami fruttiferi, cioè da dardi, lamburde, brindilli e rami misti. Il frutto è un falso frutto detto pomo.
Varietà e portinnesti
Fiori di PeroFra le cv, per le quali si rimanda alle Liste di orientamento varietale per una attenta scelta, si ricordano:
Etrusca, Coscia, Santa Maria, William, Highland, Conference, Abate fetel, Harrow sweet, resistente al colpo di fuoco batterico, Decana del comizio, Kaiser e Passacrassana. Tra le citate ci sono le più utilizzate cui si aggiungono anche la Butirra precoce Morettini, la William Rossa, abbastanza diffuse.
Per i portinnesti si distinguono i franchi, quali Franco comune, Fox e Farrold, resistenti all'OHF, e le selezioni di cotogno, quali Ba29, EMC, EMA, Sydo e Adams; queste ultime sono poco adatte a terreni siccitosi e calcarei, eccetto il primo.
Propagazione: seme, margotta, propaggine, danno i portinnesti e l'innesto è una pratica diffusissima ma con qualche caso di disaffinità; poco usata la micropropagazione.
Varietà di Pere (Pere dell'Emilia-Romagna IGP)
Tecnica colturale
È una pianta piuttosto plastica nelle forme di allevamento sebbene si tenga presente che la produzione passi dai brindelli e rami misti i primi anni, alle lamburde. L'evoluzione delle forme di allevamento nel pero è passata da forme in volume come il vaso alla palmetta (sesto 3,5 x 2 m), anticipata e irregolare, al fusetto (sesto 4 x 1 m) quindi un asse principale con branchette di sfruttamento; col cordone verticale e la forma a V si raggiungono densità di 4.000-5.000 piante/ha.
L'irrigazione nel pero è fondamentale, ma è bene evitare elevate disponibilità idriche durante l'intensa crescita vegetativa e in post-raccoltà, mentre attenzione alla carenza in pre e post fioritura cui seguono fenomeni di stress idrico. È preferibile sempre il sistema a microportata.
Concimazione: come di norma è obbligo eseguire l'analisi del terreno e fogliare per evidenziare le carenze. Elementi fondamentali sono N, K, Ca, in secondo luogo P e Mg; qualche volta anche Bo e Fe sono da tener conto.
Per quanto riguarda la potatura bisogna sempre considerare dove vogliamo la produzione; in generale è bene diradare e sfoltire i rami ma non raccorciarli in quanto siamo su una pomacea, inoltreranno eliminati parte di quelli che hanno già fruttificato; si preferisce sempre eseguire piegature anziché tagliare. La potatura verde è importante specie nell'allevamento. Il pero è la specie che si adatta molto bene alla potatura meccanica. Il diradamento è da eseguirsi dopo la cascola di giugno.
Produzioni
La raccolta va da giugno ad ottobre. Il momento opportuno è scelto mediante indici di raccolta quali il colore di buccia o polpa, la durezza della polpa, la resistenza al distacco ed altri. Il rendimento ad operaio si aggira sui 50-80 kg per forme in volume rispetto ai 60-180 kg per la forme appiattite. Per quanto riguarda la conservazione le tecniche sono Atmosfera normale oppure Atmosfera controllata; la conservazione avviene a basse temperature appena sotto lo 0°C, è simile a quella per mele anche se le pere sono più sensibili alla CO2 e perciò è buono il metodo ULO (ultra low oxygen).
Avversità
Bisogna tener conto di danni di origine abiotica quali agenti metereologici, carenze (Bo ed Fe), fitopatie post-raccolta tra cui il riscaldo. Importanti sono micoplasmosi, fitoplasmosi con accartocciamento, batteriosi come il colpo di fuoco batterico (OHF); tra le micosi ricordiamo il cancro delle drupacee e la ticchiolatura. Negli insetti troviamo lepidotteri quali carpocapsa (Cydia pomonella), rodilegno, tignola, molti afidi e tra altri vi è la cocciniglia di San Josè (Quadrapsidiotus pernicosus).

Melo


Generalità

Originario di una zona sud caucasica, il melo è oggi coltivato intensivamente in Cina, Stati Uniti, Russia, Europa (soprattutto in Italia e Francia).
In Italia la produzione è concentrata nel settentrione: l'80% del raccolto nazionale, infatti, proviene da tre regioni del Nord: Trentino-Alto Adige (46%), Emilia-Romagna (17%) e Veneto (14%). Altre aree di una certa importanza sono Piemonte, Lombardia e Campania.
Appartiene alla grande famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia Pomoideae, genere Malus.
Il melo è una pianta di dimensioni medio-elevate che può raggiungere un'altezza anche di 8-10 metri.
Il melo presenta gemme a legno e miste portate da diversi rami fruttiferi, cioè da dardi, lamburde, brindilli e rami misti. Il frutto è un pomo o melonide (falso frutto); la corteccia è tipicamente liscia rispetto altre specie e la foglia si distingue per il margine seghettato. Esiste autoincompatibilità gametofitica nel gruppo della cultivar (cv), ma i gruppi pomologici sono tra loro intercompatibili, perciò sono necessarie più cv per un impianto.
Limiti pedoclimatici: è resistente al freddo (fino a -25°C, con qualche eccezione), per la sensibilità alle gelate tardive dipende dall’epoca di fioritura, e sopporta bene il calcare se il terreno è ben drenato, si adatta a vari terreni.


Mele varietà Golden deliciousVarietà e portainnesti

Il panorama varietale è molto ampio e per la scelta ci si riferisce alle Liste di orientamento varietale - Progetto finalizzato MiPAF.
- Gruppo Gala: Sansa, Gala schnizer, Prime red, Summerfree
- Guppo Red Delicius: Early red one, Red chief, Scarlet spur
- Guppo Golden: Golden delicious cl b, Smoothee, Tentation
- Guppo Jonagold: Novajo, Renetta del Canada, Querina
- Guppo Stayman: Staymared, Superstayman, Stayman winesap Lb 781
- Guppo Fuji: Fuji kiku 8, Fuji naga-fu 12
- Altre: Imperatore Dallago, Granny Smith, Annurca, Pink Lady.
I portinnesti utilizzati sono:
- M9, per impianti ad alta densità
- M9 cloni: EMLA, meno pollonifero, T3377, T338, T339 (Nakb) produttivi
- M9 simili: Pajam1 e 2, il primo è meno vigoroso
- M26, per terreni fertili e non asfittici
- Cover 2, dà qualità.
La propagazione avviene: per seme, margotta di ceppaia e propaggine di trincea per l’ottenimento di portinnesti, anche se vi è una diminuzione dei franchi da seme, mentre si usa l’innesto per la parte superiore.

Mele varietà Stayman 

Fiori di Melo
 


Tecnica colturale

Le forme di allevamento prevalenti oggi sono la palmetta e il fusetto con sesti di impianto che partono da un minimo di 3 m per 1 m e 5 m per 4 m, rispettivamente; la densità d’impianto varia da 500 fino a 3000 piante/ha.
L’irrigazione è sempre necessaria per la produzione, 6000 m3/ha. La concimazione ci rimanda alle metodiche agronomiche del calcolo delle asportazioni e dell’analisi fogliare; si tenga conto che gli elementi primari richiesti sono N (80-90 kg/ha/anno) e K (50-80 kg/ha/anno), il P in quantità inferiore alla metà dei precedenti (100-120 kg/ha biennale o triennale). Sono importanti anche Ca, Mg, Bo, Fe,Zn, S.
Circa la potatura è possibile attuare quella di tipo meccanico, puntando perciò a produrre su lamburde; è necessario dunque considerare l’habitus di fruttificazione. Specie su piante giovani si opera la potatura verde che consiste in una scacchiatura (eliminazione dei rami mal posti). Si ricorda che nell’operazione di diradamento dei frutti il melo è l’unica specie che risponde al diradamento chimico. Per gli impianti intensivi si utilizza soprattutto bioregolatori per controllare l’equilibrio vegeto-produttivo nelle varie fasi, secondario risulta il contenimento dell’apparato radicale.

Produzioni

La produzione si aggira sulle 40 t/ha. Per quanto concerne la raccolta ci si basa su indici quali il colore, la resistenza della polpa (penetrometro) ed il contenuto in amido della polpa. - La conservazione si avvale oggi dell’idrocooling, sistema che permette una maggiore conservazione del frutto per effetto di bagnatura in ambiente freddo. Metodi di conservazione possibili sono: l’atmosfera normale, con temperatura intorno a 0°C, UR di 85-90%, che mantiene le mele per 2-3 mesi, l’atmosfera controllata, con temperatura poco sopra lo 0°C e concentrazione di O2 e CO2 inferiore a 10%, oppure il sistema Ultra Low Oxygen a bassissima concentrazione di O2 ; è possibile anche la conservazione subatmosferica, con pressione di 0,13 atm, ed anche la rimozione di etilene durante la conservazione, con KMnO2 .
Oltre che per il tradizionale consumo fresco, la mela può essere utilizzata per la produzione di succhi, marmellate, sciroppi, dolci, sidro oppure essiccata. In cucina trova largo impiego come ingrediente per pietanze, dolci e macedonie.

Avversità

Carenze e fisiopatie possono comportare spaccature dei frutti, cascola dei frutti e rugginosità suberosa. Fitopatie si manifestano in conservazione: disfacimento interno e sugoso, riscaldo molle. Altre ancora le alterazione fisiologiche. Importante malattia batterica è il colpo di fuoco batterico (Erwinia Amilovora), tra le crittogame sono da ricorda la ticchiolatura (per la quale esistono cv reistenti), mal bianco. Degli insetti si ricordano lepidotteri, quali carpocapsa (Cydia pomonella), rodilegno rosso (Cossus cossus) e giallo (Zeuzera Pyrina), afidi, quali grigio, lanoso, verde, mentre tra altri c’è la cocciniglia di San Josè (Quadrapsidiotus pernicosus).

lunedì 12 ottobre 2015

Mandorlo

Generalità

Il Mandorlo (Amygdalus communis L. = Prunus amygdalus Batsch; Prunus dulcis Miller) e' una pianta originaria dell'Asia centro occidentale e, marginalmente, della Cina.
Venne introdotto in Sicilia dai Fenici, proveniente dalla Grecia, tanto che i Romani lo chiamavano "noce greca". In seguito si diffuse anche in Francia e Spagna e in tutti i Paesi del Mediterraneo. In America giunse nel XVI secolo.
Appartiene alla Famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia Prunoideae.
Alla specie Amygdalus communis appartengono tre sottospecie di interesse frutticolo: sativa (con seme dolce ed endocarpo duro; comprende la maggior parte delle specie coltivate), amara (ha seme amaro per la presenza di amigdalina) e fragilis (con seme dolce ed endocarpo fragile).
Pianta a medio sviluppo, alta 8-10 m, molto longeva.
L'apparato radicale è molto espanso. I rami, di colore grigiastro o marrone, portano gemme a legno e a fiore; le gemme possono essere isolate o a gruppi di 2-3 e diversamente combinate.
Le foglie sono lanceolate, seghettate, piu' strette e piu' chiare di quelle del pesco, portanti delle ghiandole alla base del lembo e lungamente peduncolate.
I fiori, ermafroditi, sono bianchi o leggermente rosati nell'Amygdalus communis L. ssp. amara, costituiti da 5 petali, 5 sepali e da 20-40 stami. L'ovario presenta 2 sacchi embrionali contenenti, ognuno, 1-2 ovuli. Il frutto e' una drupa che presenta esocarpo carnoso, di colore verde, a volte con sfumature rossastre, piu' spesso peloso ma anche glabro, ed endocarpo legnoso contenente il seme o mandorla; questo e' ricoperto da un tegumento (episperma) liscio o rugoso, di colore variabile dal marrone all'ocra. In alcune cultivar e' possibile riscontrare con una discreta frequenza la presenza, all'interno dell'endocarpo, di due semi (Fenomeno dannoso ai fini commerciali). Il mandorlo e' caratterizzato da una fecondazione entomofila, per cui nel mandorleto si rende necessaria la presenza di un certo numero di arnie durante la fioritura. La maggior parte delle cultivar e' autosterile, ed inoltre sussistono casi di eteroincompatibilita'; cio' risulta estremamente importante ai fini della scelta delle cultivar. L'epoca di fioritura, pur variando fra i diversi ambienti (da gennaio a marzo) e' alquanto precoce. Negli ultimi decenni la mandorlicoltura è complessivamente mutata sia per quanto riguarda il comparto produttivo che quello commerciale. Pur essendo molto diffuso nel bacino del Mediterraneo, il mandorlo ha avuto in questo ambiente periodi di stasi, se non di regressione, a causa dell’inadeguatezza degli impianti, spesso obsoleti e con tecniche di coltivazione tradizionali. Viceversa negli USA si è verificato un deciso sviluppo grazie alle nuove piantagioni specializzate eseguite con portinnesti capaci di adattarsi alle condizioni pedologiche e con buona affinità d’innesto e all'introduzione di moderni sistemi di raccolta meccanizzata.
Le migliori condizioni pedoclimatiche per la coltivazione del mandorlo sono le aree temperate dove meno frequenti sono le brinate tardive.

Fiori e frutti di Mandorlo 
 

Fiori di Mandorlo 

Varietà

I portinnesti di disponibili in Italia sono pochi e non sempre i più razionali per adattabilità, affinità e resistenza alle avversità.
Franco: ottenuto da semi di mandorle dolci o amare, non è indicato per la coltura irrigua o per terreni soggetti ad asfissia; si comporta bene nei suoli poveri e siccitosi anche con tenore di calcare attivo superiore al 12%. Sensibile a tutte le fisiopatie radicali, presenta ottima affinità e induce vigore medio, buona produttività con frutti di qualità elevata.
GF 677: propagato in vitro è al momento il solo portinnesto utilizzabile per impianti industriali stante l’adattabilità ai vari tipi di suolo, tranne quelli molto argillosi, sia in coltura irrigua che asciutta; presenta ottima affinità, buon ancoraggio, resistenza al calcare attivo fino al 12%, all’asfissia radicale ed alla siccità. Induce forte vigore, rapida entrata in produzione ed elevata produttività.
PS A6: è al momento il solo pesco meritevole di essere provato quale portinnesto del mandorlo nelle piantagioni estese per il più ridotto vigore che induce rispetto al GF 677; in confronto a questo è però meno resistente alla siccità e al calcare; è sensibile all’"Agrobacterium" e, al pari del GF 677, ai nematodi galligeni; induce una più precoce fioritura e maturazione anticipata rispetto al GF 677.
Per le varietà autoincompatibili si rende necessaria la presenza di altre varietà a fioritura contemporanea atte a favorire l’impollinazione incrociata.
Varietà autofertili a fioritura tardiva: Filippo Ceo, Genco, Tuono, Supernova.
Varietà autosterili a fioritura tardiva: Ferragnes, Fra Giulio, Falsa Barese.
Altre varietà sono: Fascionello, Ferraduel, Jordanolo, Pizza d’Avola, Texas.

Tecnica colturale

Per i nuovi impianti si deve adottare soltanto la forma a vaso a 4 - 5 branche o comunque una forma in volume con l’impalcatura ad una altezza minima di 70 cm da terra per permettere la raccolta meccanica.
Normalmente l’impianto viene fatto con astoni; questi vanno spuntati prima del germogliamento a 80 - 90 cm per la formazione dell’impalcatura. Nel caso di piante poco lignificate o comunque deboli, è preferibile ribattere l’astone poco sopra il punto d’innesto, scegliendo il miglior germoglio che si sviluppa il quale verrà spuntato al verde per ottenere le branche dell’impalcatura.
Il sesto da adottare è il rettangolo che risponde bene alle esigenze delle forme di allevamento in volume con distanza fra le file di 5 - 6 m, a seconda delle macchine che si intendono adottare per la raccolta, e fra le piante di 4 - 5 m in base al portinnesto, al tipo di terreno e se con irrigazione o meno.
Le esigenze nutrizionali e quindi le concimazioni si possono ritenere abbastanza simili a quelle del pesco per quanto riguarda l’azoto, mentre sono superiori quelle per il potassio ed il fosforo.
La potatura in allevamento deve essere contenuta, per favorire un rapido sviluppo delle piante ed una precoce entrata in produzione.
Il mandorlo allevato in modo intensivo necessita di una corretta gestione del suolo. La non lavorazione del terreno e l’inerbimento tra le file sono le tecniche utilizzate nei mandorleti specializzati: per il primi due o tre anni successivi all’impianto il terreno viene lavorato poi dal terzo anno viene seminata una coltura erbacea o vengono lasciate sviluppare le erbe spontanee. Dopo che le erbe sono andate a seme, a cominciare da luglio, il tappeto erboso viene sfalciato basso per ottenere un manto pulito, al fine di effettuare la raccolta. Sotto le file si eseguono diserbi.
Oltre alla concimazione organica d’impianto, generalizzata o localizzata sulla fila o nella buca, si dovra' effettuare anche quella minerale che dovrà tener conto delle dotazioni rilevate con le necessarie analisi. Come per il pesco, la concimazione di produzione deve prevedere: 30-50 unità di azoto in autunno, e altrettante unità durante la primavera-estate distribuite in modo frazionato nel periodo compreso fra la fioritura e l’accrescimento dei frutti evitando apporti in prossimità della maturazione. Gli altri elementi vanno distribuiti per lo più in autunno o con la fertirrigazione. In condizioni normali o scarse di dotazione si preveda: 20-40 Kg/ha di fosforo, 100-200 Kg/ha di potassio, 5-20 Kg/ha di magnesio più microelementi ed in particolare zinco, boro, calcio e ferro.
Le esigenze idriche del mandorlo dipendono dalle condizioni pedoclimatiche e dal portinnesto. A parte la coltura tradizionale in secco con l’utilizzo del franco di mandorlo, la mandorlicoltura specializzata prevede altri portinnesti e l'uso di impianti di irrigazione localizzata.

Produzioni

La raccolta si attua tra la fine di agosto e la fine di settembre, in relazione alla cultivar. Tradizionalmente i frutti caduti sono raccattati da terra o mediante raccattatura diretta o dopo caduta entro le reti. La raccolta meccanica, gia' attuata negli Stati Uniti, non e' ancora entrata nell'uso corrente in Italia. Dopo la raccolta i frutti vengono fatti asciugare all'aria e successivamente viene praticata la smallatura, operazione attuata meccanicamente.
I frutti smallati devono essere successivamente essiccati. Ultimata tale operazione, prima di predisporre i frutti per la conservazione, e' possibile effettuare l'imbianchimento con anidride solforosa per migliorare l'aspetto esteriore; e' possibile anche effettuare una disinfezione e disinfestazione contro alcuni parassiti particolarmente dannosi durante la conservazione. I frutti vengono utilizzati per la maggior parte dall'industria dolciaria (confetti, torroni, ecc.) e in piccola parte consumati come frutta secca.

Avversità

La lotta alle avversità deve essere attuata con uso limitato o nullo di insetticidi, favorendo la sopravvivenza degli insetti utili con l’inerbimento controllato, l’uso del "Bacillus thuringiensis" e la distribuzione o il ripopolamento di predatori mediante le pratiche consigliate dalla lotta biologica. I danni causati da ragnetti, cocciniglie, tignole, ed altri insetti, vengono contenuti facilmente a livelli trascurabili (1-5%), anche senza l’uso indiscriminato di pesticidi.
Nel nostro meridione merita particolare attenzione il "Capnodis tenebrionis", coleottero che danneggia i mandorleti in asciutto scavando gallerie nei tronchi.

Ciliegio

Generalità

Del ciliegio fanno parte due specie: l'avium, cioè il dolce, molto diffuso in Italia, con portamento assurgente, e il cerasus (amarena) , l'acido, più cespuglioso e pollonifero, diffuso più nel nord Europa.
Altra specie è il Prunus mahaleb, noto come magaleppo o ciliegio di S. Lucia, albero piuttosto piccolo, con foglie di forma variabile rotondo-ovata, di colore verde chiaro e fiori piccoli, bianchi, e frutti piccoli, non eduli, gialli o rossi, talvolta molto scuri. L’'origine è collocata tra il Mar Nero e il Mar Caspio; il dolce è prodotto più che altro in Europa, ed USA anche, mentre l'acido è della zona ad est, (anche qui gli Stati Uniti tra i maggiori produttori).
In Italia si trova un po' ovunque, ma principalmente in Campania, Puglia, Veneto, Emilia-Romagna.
Appartiene alle Rosaceae, sottofamiglia Prunoideae, pertanto l'albero presenta rami a legno e rami a frutto e il frutto è una drupa; la corteccia si presenta come costituita da una serie di anelli. Del ciliegio dolce si distinguono la varietà juliana che fornisce le tenerine e la varietà duracina che produce i duroni. Del ciliegio acido vi sono: la varietà caproniana, con amarene o morasconi, la austera, con le viscole, la marasca, con le marasche.
Limiti pedoclimatici: ha un elevato fabbisogno in freddo, la sensibilità a ristagni idrici si ha con Prunus avium e mahaleb; il grosso problema del ciliegio dolce, non l'acido, è la pioggia che porta a spaccature del frutto oltre ad essere vettore di Monilia. Oltre a ciò una siccità prolungata danneggia la formazione dei fiori.

Frutti di Ciliegio dolce e di Ciliegio amarena 


Ramo di Ciliegio dolce in fiore  

Varietà e portinnesti

Per la scelta delle cultivar ci si riferisce alle Liste di orientamento varietale - Progetto finalizzato MiPAF.
Si ricordano: Early lory, Giorgia, Adriana, Van, Ferrovia, tipica meridionale, Lapins, precoce, Sweet Heart, tardiva del centro-nord. Inoltre esistono varietà atte alla raccolta meccanica come Katilin.
I portinnesti sono:
- Franco di ciliegio dolce, sensibile a calcare, siccità, stanchezza del terreno e dà elevata vigoria;
- Colt, ibrido più resistente al calcere ed alla stanchezza;
- Magaleppo, da Prunus mahaleb, adatto per zone calde;
- CAB 6P, che è un cerasus, unico per la resistenza all'asfissia, meno vigoroso ma più pollonifero;
- Gisela (P. cerasus x P. canescens), porainnesti nanizzanti ottenuto in Germania presso l’Università di Giessen; i più usati sono il Gisela 5 ® e Gisela 6 ®;
- MaxMa 14, ibrido mahaleb x avium con media resistenza all'asfissia, elevata ramificazione.
La propagazione avviene per talea principalmente, mentre da seme e propaggine si ottengono portinnesti.

Tecnica colturale

L'impianto è inerbito controllato sull'interfila; l'irrigazione è assente ma bisogna assicurarsi della presenza di drenaggio necessario per l'eliminazione del ristagno. La concimazione (eventuali calcolo delle asportazioni ed analisi fogliare) si basa su considerazioni relative all'ambiente alla frequenza di malattie e quant'altro, comunque si tenga presente di fare attenzione all'eccesso di N (40-60kg/ha/anno), cui si aggiunge poco P. E' in aumento la fertirrigazione. Le forme di allevamento si diversificano in funzione del tipo di raccolta effettuato: con quella meccanica si usano vaso (sesto: 6-7 x 6 m) o monocono (6-7 x 4-5 m); per la raccolta manuale vi sono forme a parete come la palmetta (5,5 x 6 m) con densità bassa di 500-600 piante/ha, oppure bandiera, ventaglio semplificato, mentre per le forme in parete c'è il vaso a tre branche (6-7 x 6-7 m). La tendenza di oggi è verso impianti ad alta densità, tra 800-1.000 piante/ha utilizzando ad esempio un vasetto basso (4 x 3 m), simile al vaso ritardato nel pesco.
La potatura mira a contenere lo sviluppo vegetativo (specie in P. avium che tende a crescere troppo verso l'alto), soprattutto con la potatura verde, rinnovare le formazioni fruttifere che hanno già prodotto e portare luce nella chioma.

Produzioni

Le ciliegie vanno raccolte a maturazione completa perchè una volta staccate dall’albero non maturano più.
Il rendimento si aggira sui 10 t/ha, limite che viene superato con la raccolta meccanica a discapito della qualità.
La raccolta si svolge in maggio-luglio e si basa sugli indici del colore della buccia e del residuo secco rifrattometrico.
La conservazione è poca.

Avversità

La più grave è data dalla pioggia, tuttavia come tutte le drupacee c'è il pericolo della Sharka (PPV), e del cancro batterico delle drupacee; tra le crittogame si ricorda la già citata Monilia che colpisce rami fiori e frutti.
Diversi sono i parassiti animali che possono provocare danni sia alla pianta che al prodotto: tra gli afidi l'afide nero (Myzus cerasi F.); tra le cocciniglie Comstockaspis perniciosa Comst.e Lepidosaphes ulmi L.; la mosca delle ciliege (Rhagoletis cerasi L.), le falene dei fruttiferi, i rodilegno (Cossus cossus L. e Zeuzera pyrina L.) e altri insetti e acari (ragno rosso, ragnetto giallo del melo, ecc.). Anche gli uccelli possono provocare danni ai fiori e ai frutti sia in fase di sviluppo che a maturazione.