giovedì 2 giugno 2016

La qualità dei prodotti

Il fattore qualitativo assume una crescente importanza nella commercializzazione dei prodotti agricoli. Una buona qualità dei prodotti è divenuta un requisito fondamentale soprattutto per gli alimenti più costosi. Nei Paesi economicamente più sviluppati, inoltre, grazie all'aumento del reddito e alla disponibilità di un grande numero di derrate alimentari diverse, le scelte del consumatore si orientano sempre più verso i prodotti che presentano le migliori caratteristiche qualitative. 
I contratti di mercato per la commercializzazione dei prodotti agricoli e le norme legislative stesse in materia si stanno progressivamente adeguando a questa mutata sensibilità dei consumatori. Vengono infati richieste per i prodotti destinati all'alimentazione (ma non solo per questi) sempre maggiori garanzie in merito alla loro qualità e al tipo di processi di lavorazione che hanno subito, oltre a un'informazione migliore sulle caratteristiche del prodotto stesso riportate sulle etichette (peso netto, effettivo valore nutritivo, presenza di addittivi, ecc.).
Fino a pochi decenni fa le filiere di produzione di molti prodotti alimentari erano "filiere corte", le piante coltivate o gli animali allevati vnivano consumati nell'ambito di territori ristretti, in tempi molto brevi o addirittura nello stesso hucleo famigliare. In generale, oggi la filiera produttiva di un alimento vegetale o animale è molto più lunga e complessa. 
Una filiera agroalimentare è l'insieme di tutti i passaggi, in ordine cronologico, che portano un prodotto alimentare dal campo al piatto, e che comprende tutti i processi di trasformazione, conservazione e trasporto. Ad esempio, la filiera dei cereali e dei derivati, la filiera del vino ecc. rappresentano il percorso che un prodotto alimentare compie dalle materie prime fino ai prodotti finiti, cioè quello che mangiamo.
Prima di arrivare sulla tavola del consumatore, gli alimenti subiscono una serie di trattameti e di processi tecnologici che ne consentono una maggiore conservazione, una migliore trasportabilità, un più facile e conveniente utilizzo. Gli alimenti finiti, inoltre, sono sempre più spesso composti da materie prime di diversa natura (per esempio piatti pronti precucinati surgelati) e sono prodotti tramite processi tecnologici sempre più complessi e sofisticati. 
Il concetto di qualità di un prodotto alimentare non è univoco, ma comprende diversi aspetti quali la sicureza igienico-sanitaria, le caratteristiche sensoriali, le propietà nutrizionali, le caratteristiche tecnologiche ecc. 

La qualità igienico-sanitaria: riguarda la salubrità di un alimento ed è un prerequisito indispensabile il cui rispetto è obbligatorio per legge secondo le norme contenute dei Regolamenti EU 852, 853 e 854/2004 ("pacchetto igiene"): coincide con la sicurezza alimentare. Il prodotto alimentare non deve contenere contaminanti, cioè microrganismi patogeni, elementi tossicim sostanze o corpi estranei che possono arrecare danno alla salute di chi consuma o manipola l'alimento. La contaminazione degli alimenti è lo stato potenziale o accertato che compromette la salubrità di un alimento e quindi la salute del consumatore. La contaminazione può essere di natura: 
- fisica: è dovuta alla presenza di corpi estranei, a pH temperatura differenti dalle condizioni ottimali;
- chimicha: è determinata da residui di pesticidi, metalli pesanti, oli mineali, sanificanti (detergenti e disinfettanti);
- biologica: è causata dalla presenza e dalla proliferazione di batteri patogeni, micotossine, virus. 
La qualità igenico-sanitaria può essere determinats solo in seguito ad analisi condotto sui processi e sui prodotti e la prevenzione degli eventuali danni si attua mettendo in atto un sistema di autocontrollo da parte delle azinde produttrici, attuato secondo il metodo HACCP (Hazard Analysis Crtrical Control Point). Il consumatore non è in grado in genre di riconoscere qusta qualità se non quando manca, e subisce le conseguenza delle contaminazioni. 

La qualità nutrizionale: dipende dalle caratteristiche di ciascun alimento e si identifica co il contenuto dei principi alimentari, cioè i carboidrati, i grassi, le proteine, le fibre, le vitamine e i sali minerali. La qualità nutrizionale può essere determinata in seguito ad analisi specifiche degli alimenti per determinarne la composizione. Il consumatore può riconoscere questa qualità analizzando le etichette, laddove è riportata l'etichettatura nutrizionale. Confrontando le etichette e/o le tabelle di composizione possiamo distinguere gli alimenti che possiedono un'elevata o una scarsa qualità nutrizionale.

La qualità sensoriale: riguarda le caratteristiche di gusto, di aroma (caratteri organolettici), di colore, di aspetto, di consistenza, cioè quelle percepibili con i sensi. La qualità sensoriale è quella che più facilemente viene percepita dal consumatore, piochè è facile da controllare personalmente e comprende tutte quelle caratteristiche che ci forniscono direttamente un indice di gradibilità di ciò che stiamo consumando. 

La qualità tecnologica: è legata al processo di trasformazione delle materie prime e alle caratteristiche di comodità, conservabilità degli alimenti e dei materiali di confezionamento. Può influenzare positivamente o negativamete le caratteristiche igienico-sanitarie, le proprietà nutrizionali e le caratteristiche secondarie dell'alimento stesso. Per esempio: 
- se il latte subisce un rpocesso di pastorizzazione a temperature inferiori rispetto a quelle previste può rappresentare un rischio di tipo igienico-sanitario; 
- se il gelato viene trasportato a temperature superiori rispetto a quelle previste perde le caratteristiche di consistenza che ci aspettiamo;
- se una pasta viene prodotta con farine di grano tenero tiene meno la cottura rispetto a quella fatta con il grano duro.

domenica 10 aprile 2016

La pedogenesi

Il lungo processo che porta alla formazione del terreno si chiama pedogenesi. La durata di questo processo è talmente lunga (supera in molti casi i 500.000 anni) che il terreno stesso viene considerato una risorsa non rinnovabile; perciò è necessario difenderlo dalla degradazione fisica e mantenere intatta la sua fertilità chimica e biologica.
La fertilità di un terreno è l'insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche che lo rendono adatto a sostenere una copertura vegetale, fornendo a essa ancoraggio e nutrizione.
La pedogenesi si suddivide in un flusso e in un ciclo.

FLUSSO DELLA PEDOGENESI. La roccia madre subisce due tipi di trasformazione: nelle prime fasi prevale la disgreagione fisico-meccanica, operata da diversi agenti, che la trasformano in detriti di dimensioni più piccole, come sassi, ciottoli, ghiaia. Nelle ultime fasi prevale la decomposizione chimica e biochimica dei microrganismi del terreno, che trasforma i detriti in composti minerali solubili. Questi ultimi possono essere in parte persi perchè percolano in profondità (lisciviazione), dove non possono più essere raggiunti dalle radici delle piante, oppure perchè vengono asportati dall'erosione superficiale dovuta all'acqua e/o al vento.

CICLO DELLA PEDOGENESI. I composti minerali solubili sono il punto di partenza di un complesso ciclo di trasformazioni: da essi infatti trae nutrimento la copertura vegetale, che produce la sostanza organica di cui si nutrono gli animali. La sostanza organica, sotto forma di residui vegetali e spoglie animali, viene poi mineralizzata dai decompositori presenti nel terreno, ritornando così all'inizio del ciclo.
L'humificazione è il processo di formazione dell'humus, complesso di sostanze organich in via di lenta e continua mineralizzazione, la cui presenza nel terreno assicura un regolare rifornimento di sostanze nutritive alle piante e agli altri organismi autotrofi. Oltre a questa fondamentale funzione di "serbatoio" di sostanze nutritive per le piante, l'humus, grazie alle sue proprietà colloidali, contribuisce a mantenere stabile la struttura del terreno ed esercita un notevole "potere tampone" sul pH, limitando le sue variazioni.
La mineralizzazione della sostanza organica è il processo di trasformazione delle sostanze organiche in composti minerali solubili, operato da molti microrganismi che vivono nel suolo.

AGENTI DELLA DISGREGAZIONE FISICO-MECCANICA
Acqua corrente: trasporto verso valle di materiale più fine.
Vento: corrosione, causata dalle particelle solide trasportate (sabbia, sali, ghiaccio).
Crioclastismo: disgregazione dovuta al congelamento dell'acqua presente nelle fessure delle rocce, che esercita pressioni elevate sulle pareti.
Termoclastismo: disgregazione dovuta al diverso coefficiente di dilatazione termica dei minerali che agisce in presenza di forti escursioni termiche giornaliere e stagionali.
Alternanza di periodi di inumidimento e essiccazione: si verifica in particolare nelle rocce argillose, che aumentano di volume durante i periodi di inumidimento e si riducono di volume durante quelli di essiccazione. Questo fenomeno causa delle tensioni interne alla massa rocciosa e contribuisce alla loro disgregazione.
Radici delle piante: si infiltrano nelle fessure delle rocce, provocano con la loro crescita primaria (in lunghezza) e secondaria (in spessore) la rottura e la disgregazione delle masse rocciose, a causa delle pressioni molto elevate che esse esercitano.

Il profilo verticale del terreno

Il profilo verticale del terreno si compone di diversi strati sovrapposti, detti orizzonti.
  • Il suolo, la parte esplorata dalle radici delle piante, nella quale operano i microrganismi. Esso comprende gli orizzonti superiori e viene ulteriormente suddiviso in:
- strato attivo, che ha una profondità pari a quella dell'aratura (strato arabile); in questo strato si trovano i microrganismi aerobi e la parte assorbente delle radici delle piante;
- strato inerte, collocato immediatamente al di sotto del precedente; in esso si accumulano i composti minerali che vengono lisciviati dallo strato attivo a opera di H2O.
  • Il sottosuolo, che comprende gli orizzonti inferiori, distinti in:
-  substrato pedogenetico alterato, in via di decomposizione; da un punto di vista agronomico ha un'importanza limitata se è pittosto profondo, mentre assume un maggior interesse se è particolarmente vicino alla superficie;
- la roccia madre, che rappresenta il substrato che non è stato ancora alterato dagli agenti della pedogenesi.

Coniglio: la corretta tecnica di svezzamento

L'allevamento della gallina ovaiola

Le fasi di realizzazione di un giardino

Il terreno per l'orto

E' necessario che il terreno destinato alle colture orticole sia ben riparato dai venti freddi ed esposto al sole, e vi deve essere anche la possibilità di avere a disposizione acqua sufficiente per le annaffiature. La forma dell'orto di solito è rettangolare, ben delineata; il terreno è distaccato dalla parte destinata alla coltivazione di fiori e suddiviso in quadrati o rettangoli in ognuno dei quali vengono coltivati ortaggi diversi.
I primi lavori da compiere sono i più duri e sgradevoli, quelli che molto spesso tolgono il desiderio di continuare.Non bsogna perdersi di coraggio, e per tutti i consigli più urgenti basta rivolgersi al Consorzio Agrario. 
Per prima cosa bisogna sgombrare il terreno da tutti i detriti. Munitevi di una carriola, di sacchi per la raccolta delle immondizie, di un badile e di un paio di guanti. A poco a poco togliete i pezzi di mattone, di pietra, i sassi e i calcinacci e ripulite la terra. Solamente quando il terreno sarà ripulito potrete esaminarne la qualità prendendo le necessarie decisioni per renderlo fertile e coltivabile. Non tutti i terreni presentano le stesse qualità e caratteristiche: bisogna tenere conto del clima, della località in cui è situato, dell'esposizione al sole. A volte il terreno è secco e tr
attiene tutta l'acqua piovana o da annaffiamento, a volte invece respinge l'acqua.
Abbiamo così:
- il terreno forte e argilloso, che contiene una buona percentuale di argilla e si presenta duro, compatto, permeabile;
- il terreno forte e argillo-calcareo, in cui vi è una percentuale di calcare;
- il terreno forte argillo-siliceo, che oltre all'argilla e al calcare contiene anche una percentuale di sabbia;
- il terreno leggero, sabbioso, friabile, mobile, molto permeabile nel quale la vegetazione può essere molto attiva, ma difficile da coltivare perchè tutti gli elementi ad esso aggiunti (concimi e le stesse sementi) possono essere facilmente spazzati via dall'acqua piovana o dall'annaffiamento.
Ecco dunque la necessità di correggere la qualità della terra con l'aggiunta di quegli elementi che mancano perchè sia possibile la seminagione e la coltivazione. Elementi che potrebbero essere, per esempio, la sabbia o l'argilla, se il terreno ne contiene in quantità insufficiente. 
Il terriccio che si trova nei boschi, e che è il risultato della decomposizione di tutti gli elementi naturali è già maturo ed è ideale per la correzione di un terreno. Al terriccio dei boschi si può aggiungere anche lo stallico o letame di stalla. Quando il terriccio deriva dalla decomposizione di letame o stallico, di chiama dolce; quando invece è composto di residui vegetali, come ad esempio foglie secche, radici, erbe, frutti marciti, si chiama acido. Il terriccio, perchè sia veramente efficace e utile e non danneggi la terra, deve essere maturo: in esso, cioè le sostanze conenute devono essere perfettamente decomposte.
Per avere un terriccio d bosco perfetto si possono ammucchiare in un angolo dell'orto foglie, erbe, frutta. Proteggete il mcchio con un tetto di lamiera o di materiale plastico, rivoltatelo ogni tanto perchè prenda aria e perchè la decomposizione sia facilitata. Inumiditelo con l'acqua e rivoltate. In questo modo la decomposizione avviene contemporaneamente in ogni strato del mucchio. 
Se abitate in un luogo in cui si trovano facilmente eriche, felci e ginestre, il terriccio che si può ottenere con questi elementi è quello che ci vuole per correggere il terreno povero di argilla. Anche in questo caso dovete amucchiare in un angolo del vostro orto eriche, felci e ginestre che avrete raccolto. Aggiungete al mucchio qualche badilata di terra, inumidite tutto se necessario e se da tempo non piove, lasciate riposare il mucchio per un paio di settimane. A cominciare da questo momento rivoltate tutto ogni 6-7 settimane. Il terriccio sarà pronto quando si presenterà sfatto e omogeneo.
Per ogni tipo di terreno si possono impiegare anche il terriccio di castagno (di colore rossiccio, leggero e soffice che si rintraccia all'interno dei tronchi delle piante di castagno morte) oppure torba. La torba è di colore bruno, leggerissima, molto simil alla corteccia di molti alberi. La si rintraccia nei terreni situati presso corsi d'acqua e stagni, ed è il risultato della naturale decomposizione che si verifica quando i detriti rimangono a lungo sui terreni umidi. La torba si frantuma facilmente e si mescol alla terra senza alcuna difficoltà amalgamandovisi perfettamente e arricchendola.
Ecco poi lo stagno che è un muschio rintracciabile nei terreni paludosi o molto umidi. Lo si dovrebbe usare fresco; contenendo però sempre uova e larve di insetti, è meglio astenersi dall'adoperarlo se non si è molto pratici. In teoria lo stagno è un ottimo correttivo della terra, ma in pratica, appunto per la presenza di larve e uova, può rivelarsi alla fine un danno anzichè un aiuto. 
Il terriccio universale, invece, rappresenta l'ideale per chi vuole coltivare verdura o fiori. Se vi è possibile procurarvi terriccio di bosco, terriccio di castagno, torba e stallatico, preparate in un angolo dell'orto un tetto di protezione che potete ottenere con una lamiera, o con un canniccio tenuto alto dal terreno con quattro paletti. Sotto questo tetto stendete uno strato di ognuno degli elementi enumerati, e poi fate altri strati.  Lasciate riposare per una settimana, quindi cominciate a rivoltare con un forcone. Lasciate a riposare ancora per qalche settimana e rimescolate ancora finchè non otterrete un terriccio omogeneo e maturo che potrete mescolare alla terra da coltivare.
Ci sono però due inconvenienti: l'odore non è gradevole; e i mille insetti, cui dà vita il terriccio in formazione potrebbero poi costituire un pericolo per le future colture. Per questo problema esisteno però in commercio disinfettanti che mescolati al terriccio distruggono larve, uova, insetti.

Preparare il terreno per l'orto

Il primo passaggio fondamentale per fare un orto è la preparazione del terreno. Il periodo più produttivo è sicuramente la primavera, quando ci sono più colture da piantare, ma la preparazione del terreno deve essere fatta all’inizio del periodo invernale. La terra va mossa, concimata e fatta riposare per essere pronta in primavera.

preparazione del terreno
Vi serviranno:
- guanti da lavoro; 
- Forca o vanga; 
- Piccone; 
- Rastrello; 
- Pala; 
- Concime

Dopo esservi procurati l’attrezzatura, potete dedicarvi alla preparazione del terreno seguendo questi consigli:
  1. Vangate il terreno. Con l’utilizzo della vanga o del forcone, scendendo quindi di 20/30 centimetri nel terreno, rivoltate tutta la terra dedicata all’orto, eliminando tutte le radici di piante infestanti per evitare che queste ricrescano  in primavera invadendo il vostro orto, togliendo spazio e sostanze nutritive alle vostre colture. Togliete anche il maggior numero di sassi, in modo da facilitare la lavorazione del suolo in un secondo momento.
  2. Rendete il terreno più friabile. Se la terra è troppo argillosa aggiungete un po’ di sabbia e arricchitelo di sostanze nutritive con il concime. Per l’orto i migliori letami sono quello equino (il più costoso), quello bovino e quello dei polli. Considerate che più il concime rimane all’aria aperta più perde azoto ammoniacale, sostanza  quindi che non andrà nel terreno per le vostre piante. Se non avete la possibilità di comprare del letame potete usare anche il compost.  Anche questo è ottimo per la concimazione e rende il terreno molto friabile senza contare che se autoprodotto significa risparmio economico oltre che ecologico.
  3. Fresate il terreno. Con il termine fresare si indica lo sminuzzamento delle grosse zolle che si sono create con la vangatura. Con il piccone e il rastrello sgretolate la terra mescolandola bene con il concime che avete aggiunto, che andrà a fertilizzare lo strato di terra dove ci saranno le radici delle nostre colture perché lasciare il concime sopra la terra non serve a niente. Cercate di rendere la superficie del terreno il più uniforme e piana possibile per agevolare il lavoro futuro. Raccogliete tutte le piante infestanti che avete rimosso dal terreno e buttatele nella compostiera.
Alla fine di questi 3 punti la preparazione del terreno per l’orto è finita e ora deve solo riposare, permettendo così alla terra di amalgamarsi bene con il concime.
Naturalmente anche se non coltivate a terra ma in vaso o in un banco orto il principio è lo stesso, rendere friabile la terra e concimarla prima di seminare è alla base di una buona coltivazione.


giovedì 7 aprile 2016

Il terreno e le sue funzioni

Il terreno è il substrato naturale su ci crescoo le piante e viene utilizzato come spporto per la costruzione di edifici e di infrastrutture come strade e ferrovie. E' un deposito naturale di materie prime come argilla, ghiaia, sabbia, torba e minerali; svolge una funzione essenziale nel determinare la stabilità dei versanti e la resistenza all'erosione. E' un costituente fondamentale nell'aspetto del paesaggio, e quindi nel patrimonio culturale. Dal punto di vista agronomico il terreno ha tre funzioni principali:
- funzione meccanica: assicura sostegno e l'ancoraggio alle piante spontanee e coltivate;
- funzione trofica: assicura la nutrizione delle piante spontanee e coltivate;
- funzione ecologica: rappresenta la destinazione ultima degli scarti organici, che vengono decomposti dai microrganismi presenti nel terreno.

Il terreno viene definito un sistema aperto poichè vi sono continui scambi:
- di sostanze liquide (H2O) e gassose (CO2, O2) con l'atmosera;
- di sostanze chimiche (sotto forma di anioni, cationi) con gli organismi che vivono nel terreno e scambi all'interno del terreno stesso fra i diversi componenti.

Il terreno è inoltre un ambiente dinamico, cioè in continua seppur lenta trasformazione, dove si verificano:
- continue azioni e reazioni fisico-meccaniche: spostamenti di particelle di terra a opera della microfauna (lombrichi, insetti);
- movimenti dovuti al rigonfiamento e alla contrazione dei minerali argillosi;
- important cicli di trasformazione a carico soprattutto dellle sostanze organiche che vengono lentamente e di continuo trasformate in sali minerali necessari alla nutrizione delle piante.

venerdì 25 marzo 2016

Potatura del Pero


pero2

Gli alberi da frutto sono le specie che più di altre necessitano di potatura. Questa tecnica colturale, eseguita con tagli drastici o lievi, consente, infatti, di migliorare la qualità e la quantità dei frutti, nonché la forma e il portamento della pianta nei suoi primi anni di vita. Uno degli alberi da frutto che necessita di potature specifiche è il pero. Pianta dalle origini ancora sconosciute, il pero produce gustosissimi e succosi frutti. L’albero può essere coltivato su larga scala, ma anche in orto e in giardino, sia per scopi produttivi che per finalità ornamentali o pratiche, come l’ombreggiatura di alcune aree dello spazio esterno. Il pero, sia che venga coltivato su larga scala o in privato, ha necessità di essere potato. Le potature cambiano in base alla varietà coltivata e alle specifiche caratteristiche di questo albero. In ogni caso, una corretta e sistematica potatura consente di migliorare sia il portamento del pero che la qualità e quantità dei suoi frutti.

Caratteristiche

pero Prima di parlare della potatura del pero, è necessario conoscere bene le caratteristiche di quest’albero. Il pero, nome botanico Pyrus communis, è un albero appartenente alla famiglia delle Rosaceae. Le sue origini sono ancora sconosciute, ma questa specie arborea è ormai largamente diffusa nelle nostre zone, dove viene coltivata per scopi produttivi. Non è difficile trovare il pero anche nei giardini privati, dove la coltivazione avviene, come già detto, anche per motivi estetici o pratici. Il pero ha un portamento verso l’alto, i suoi rami, infatti, tendono a crescere in senso verticale. La produzione del pero avviene nei rami giovani, cioè in quelli tra due e tre anni di età, mentre i rami più vecchi tendono a diventare totalmente improduttivi. La potatura del pero deve, dunque, tenere conto di queste caratteristiche, tutelando i rami fertili ed eliminando quelli sterili. La crescita vigorosa e disordinata dell’albero tende, inoltre, a rovinarne la resa estetica, ma anche a far penetrare poca luce e aria all’interno della chioma. Per questo motivo è necessario effettuare una potatura di formazione nei primi anni di vita della pianta. Questa potatura, detta anche di allevamento, tende a condizionare la forma dell’albero, donandole un portamento più ordinato e non dannoso per la futura produzione della pianta. La potatura di allevamento o di formazione si effettua entro i primi due anni di vita della pianta, mentre dal secondo anno in poi, quando i rami saranno diventati fruttiferi, si potrà attuare la potatura di produzione.

Potatura di allevamento

pero La potatura di allevamento del pero consiste nell’eliminare un certo numero di rami per condizionare la forma della pianta in crescita. Questa potatura si pratica nelle piante messe a dimora. Quando si acquista una piantina di pero da un vivaio, è necessario ridurre la chioma in modo da potenziare lo sviluppo delle radici. I rametti danneggiati o rotti vanno tagliati di netto ed eliminati totalmente, lo stesso si deve fare con le radici danneggiate. Nel caso la pianta si presenti sana e vigorosa, basta diradare lievemente la chioma, in modo da far penetrare aria e luce all’astone centrale ( ramo da cui si sviluppa l’intera chioma della pianta) e rafforzare le radici. Spesso, sia per il pero coltivato su larga scala che per quello da giardino, si utilizzano delle potature di allevamento che danno una precisa forma alla chioma dell’albero. In base alla forma ottenuta si distinguono il fusetto, la palmetta e il doppio asse. Il fusetto dona alla pianta una forma classica composta da un tronco centrale e cinque o sei rami laterali. In genere bisogna lasciare sul pero solo i rami laterali lunghi al massimo ottanta centimetri, mentre bisogna tagliare quelli troppo fini che superano questa lunghezza. I rami da lasciare si scelgono tra quelli vigorosi, lignificati e portanti una gemma apicale già sviluppata. Da eliminare anche i rami della cima che tendono a prendere il sopravvento l’uno con l’altro. La forma a palmetta dona all’albero una struttura a parete, cioè una chioma larga e molto appiattita. Per la forma a palmetta si devono individuare due o tre rami vigorosi sull’astone centrale, eliminando tutti gli altri. Nei primi anni, l’astone non deve superare gli ottanta centimetri di altezza, mentre in quelli successivi lo si lascia crescere effettuando solo dei tagli di ritorno ( accorciamento) sulle branche laterali dei rami principali. La forma a doppio asse è simile alla palmetta, solo che la chioma si sviluppa da due astoni principali. Cioè, nei primi anni, sul pero vengono creati due rami portanti. Su questi due rami portanti si taglieranno i rami con la stessa tecnica della palmetta. In tal modo si avrà una struttura a parete che si svilupperà sia in orizzontale che in verticale.

Potatura di produzione

La potatura di produzione del pero si effettua a partire dal secondo anno di età. I rami di un anno cresciuti su altri rami vecchi vanno eliminati, perché improduttivi, mentre quelli che crescono vicino al tronco si possono lasciare perché, ricevendo la linfa, diventeranno produttivi a partire dal secondo anno. I rami di due anni contengono molte gemme fruttifere che vanno parzialmente diradate. In tal modo si migliora la pezzatura dei frutti. Questi rami possono subire anche un taglio di ritorno( accorciamento a venti centimetri e massimo quaranta ) che salva una gemma fruttifera all’apice. I rami di tre anni devono subire la stessa potatura dei rami di due anni. I rami del quarto anno, totalmente improduttivi, possono, invece, essere completamente eliminati. La potatura di produzione del pero varia in base alla varietà coltivata. Esistono, infatti, varietà che fruttificano poco e che richiedono l’abbondante rimozione delle gemme fiorali e varietà che fruttificano molto, ma solo su alcuni rami e che non richiedono, dunque, potature drastiche.

I frutti del pero

pere I frutti dell’albero di pero sono le famose e gustose pere. Nonostante alla vista appaiano quasi tutte con una dimensione media, una forma piriforme e una colorazione verde, gialla o aranciata, esistono infinite varietà di questo frutto! Vediamo insieme quali sono le più diffuse. Tutti conosciamo le tradizionali pere william grazie alla loro diffusa coltivazione sul territorio italiano. Il loro aspetto è tondeggiante, la tonalità gialla e la polpa si presenta piuttosto succosa. Ci sono poi le pere Max Red Bartlett, anch’esse con una colorazione gialla, la buccia particolarmente liscia e la polpa succosa. Sono le più utilizzate per la produzione di succhi di frutta. Le pere Kaiser invece hanno dimensioni più grandi rispetto alle varietà appena viste e nonostante la colorazione gialla, la buccia appare piuttosto rugginosa e la polpa granulosa e acidula. Queste sono le principali e più note varietà ma esistono molteplici specie caratterizzate da tratti distintivi e da sapori differenti.

Potatura del Pesco

Il pesco è un albero da frutto del genere prunus, lo stesso del ciliegio. Specie arborea dalla lunga tradizione, il pesco di distingue per il suo portamento, per la chioma, per la bellezza dei suoi fiori e per il gusto dei suoi tipici frutti estivi: le pesche. Questo albero può anche essere coltivato in giardino a scopo ornamentale. In tal caso si potranno ammirare i suoi stupendi fiori primaverili e si potranno anche assaggiare i suoi deliziosi frutti estivi. Come tutti gli alberi da frutto, anche il pesco necessita di adeguati interventi di potatura. La potatura del pesco ha gli stessi obiettivi di quella praticata su altri alberi da frutto: stimolare la fioritura e la fruttificazione, contenere la chioma dell’albero e stabilire la forma della pianta giovane. Negli interventi di potatura del pesco si devono usare gli attrezzi tipici per potare, ovvero attrezzi dalla lama ben affilata e in grado di eseguire tagli netti e precisi.
 

potaturapesco1_zps2c937315Gli attrezzi per potare il pesco sono gli stessi di quelli utilizzati per le altre piante, ovvero segaccio, aste telescopiche, forbici, troncarami e svettatore. Se l’albero è di notevoli dimensioni, si possono usare anche motoseghe. Gli attrezzi a motore vengono frequentemente utilizzati nelle potature agricole di produzione, dove viene tagliato un elevato numero di alberi. Gli attrezzi scelti per potare il pesco ( in caso di un piccolo albero si possono scegliere segacci e forbici) devono essere adeguatamente puliti e disinfettati prima e dopo l’uso. Nelle lame, infatti, si tendono ad accumulare le resine emesse durante i tagli della potatura precedente. Queste resine possono contenere funghi, virus e batteri in grado di infettare e di danneggiare l’albero di pesco. Per maggiore sicurezza, occorre disinfettare anche i guanti di potatura e i foderi dove riporre gli attrezzi una volta che si è smesso di usarli. Nella scelta degli attrezzi di potatura del pesco bisogna puntare a quelli con le lame dritte e ben affilate. Le lame molto appuntite e affilate consentono, infatti, di praticare tagli netti e decisi e di non lasciare sull’albero troppe ferite o sfilacciature.  
 
La potatura del pesco comprende due diverse tipologie di intervento: quello di formazione e quello di produzione. Il primo si pratica nei primi anni di vita dell’albero, dal primo al quarto anno. Il suo obiettivo è determinare la forma che l’arbusto dovrà avere una volta che sarà giunto alla completa maturazione. Nel primo anno di vita dell’albero si procede a tagliare il tronco di netto. Nel secondo anno si lasciano due rami lunghi al massimo trentacinque centimetri. Nel terzo anno, su ogni ramo lasciato nell’anno precedente, si lasciano altri due rami sempre della stessa lunghezza e così via fino alla potatura dell’ultimo anno di formazione, cioè del quarto o al massimo del quinto. Nella fase adulta, grazie alla precedente potatura di formazione, il pesco avrà raggiunto il portamento e la forma desiderata. In questa fase si potrà praticare la potatura di produzione, che ha lo scopo di stimolare la fioritura e lo sviluppo del frutti. La potatura di produzione, detta anche di mantenimento, prevede due fasi: una invernale e una estiva. In inverno si procede a tagliare i rami dell’anno perché il pesco fruttifica su quelli del secondo anno, mentre in estate si procede a sfoltire la chioma per consentire una maggiore penetrazione della luce tra i rami. Luce e ossigeno stimolano le funzioni vegetative della pianta favorendo la fioritura e lo sviluppo dei frutti. La potatura del pesco serve anche a contenere la forma della chioma e la sua crescita disordinata o eccessiva. Durante i tagli invernali bisogna fare attenzione a riconoscere i rami fertili, in modo da lasciarli sul ramo e preservare la futura produzione estiva. Per non sbagliare, è meglio scegliere giornate invernali senza nebbia o scarse condizioni di visibilità. 

Come detto al paragrafo precedente, sul pesco si praticano due differenti potature di produzione: una invernale, detta anche potatura “secca” e una estiva, detta anche potatura “verde”. Il fatto che gli interventi siano previsti entro delle stagioni ben precise non vuol dire che possano essere effettuati in qualsiasi mese dell’inverno o dell’estate. La potatura invernale va effettuata, entro febbraio, nelle zone a clima temperato; mentre, nelle zone in cui si prevedono forti gelate , è meglio anticipare l’intervento a novembre. La potatura estiva va effettuata a luglio e consiste essenzialmente nella sfoltitura della chioma. Un albero di pesco con una chioma ordinata non è solo bello esteticamente, ma è anche in grado di far penetrare più luce all’interno dei rami e più ossigeno. Aria e luce solare consentono all’albero di compiere meglio le funzioni fotosintetiche e di assimilare più facilmente i nutrienti del terreno. Ricordiamo che la potatura del pesco, per essere davvero efficace, richiede abilità e attenzione. In caso di difficoltà o incertezza negli tagli, può essere utile rivolgersi a una ditta specializzata in potatura e interventi sulle piante da frutto.

Cosa seminare a Marzo




orto marzo 
 Con l'avvicinarsi della primavera è giunto il momento di dedicarsi alla semina degli ortaggi che si vorranno raccogliere nei mesi successivi, fino all'estate. Sono sufficienti pochi semi da interrare in un vaso per dare il via ad una vere a propria passione.
I vostri primi sforzi saranno ripagati nell'arco di poche settimane.

Cosa seminare a marzo

Con l'arrivo del primo tepore primaverile, anche nelle regioni italiane dal clima meno mite è possibile iniziare la semina degli ortaggi che potranno essere raccolti tra la tarda primavera e l'estate, come zucchine, pomodori, melanzane, piselli e peperoni. Chi ha lo spazio adatto a disposizione e vive nelle regioni più calde, potrà provare a cimentarsi nella semina di angurie e di meloni. Carote, ravanelli, rucola, lattuga e patate sono tra gli ortaggi che possono essere seminati tutto l'anno dove il clima è clemente. Non dimenticate di seminare il basilico, così da poter raccoglierne le foglie per preparare pesto gratis fino a settembre o ottobre.
A marzo è possibile seminare:
orto marzo raccoltoAglio
Angurie
Asparagi
Barbabietole
Basilico
Bieta
Carote
Cavoli
Cetrioli
Cime di rapa
Cipolle
Fave
Finocchi
Indivia
Lattuga
Melanzane
Meloni
Patate
Peperoni
Piselli
Pomodori
Porri
Prezzemolo
Radicchio
Rucola
Sedano
Topinambur
Zucchine
Consigli per la semina
Se temete che nelle prime settimane di marzo il freddo possa rovinare i giovani germogli o se preferite organizzarvi in modo da trasferire nei vasi o in piena terra soltanto le piantine che appaiono più resistenti, il consiglio principale consiste nell'utilizzare dei semenzai, anche fai da te, realizzati con contenitori per alimenti di recupero, in modo da riporre i germogli al riparo da eventuali intemperie e da poter effettuare una scrematura delle piantine prima del trapianto.

Il raccolto del mese di marzo

Nel mese di marzo è possibile raccogliere le ultime zucche ed alcuni ortaggi tipici della stagione invernale, come i cavolfiori. Sarà inoltre possibile raccogliere lattuga, prezzemolo, rape, rucola, spinaci, verze ed erbe aromatiche da essiccare. Nel mese di marzo, come lungo tutto il corso dell'anno, è possibile dedicarsi alla coltivazione casalinga ed alla raccolta dei germogli, partendo da chicchi, semi o legumi secchi, tra cui troviamo ceci, fieno greco, semi di lino, erba medica, orzo, senape, lenticchie, miglio e amaranto.
A marzo è possibile raccogliere:
Aglio
Barbabietola
Broccolo
Carciofi
Carote
Cicoria
Cime di rapa
Cavolfiori
Cavolini di Bruxelles
Cavolo verza
Cime di rapa
Cipolla
Finocchi
Indivia
Lattuga
Lattughino da taglio
Patate
Porri
Prezzemolo
Rape
Ravanelli
Rucola
Rosmarino
Scarola
Scorzabianca
Scorzanera
Sedano
Spinaci
Tarassaco
Valeriana
Verza
Zucca

Orto sul balcone a marzo

Nel mese di marzo, a seconda di quanto seminato in precedenza, potrete ancora avere la fortuna di raccogliere dai vostri vasi lattuga, rucola, rosmarino, prezzemolo, lattughino da taglio, salvia, e altre erbe aromatiche sempreverdi. E' il momento di preparare i vasi per la semina delle nuove piantine. Tra le più adatte da seminare in vaso nel mese di marzo troviamo ravanelli, carote, basilico, zucchine, pomodorini, fagioli e fagiolini, ma anche melanzane rotonde di piccola taglia, piccoli peperoni e peperoncini, cetrioli, patate e topinambur.

I lavori nell'orto secondo il calendario lunare

Luna crescente
La tradizione contadina consiglia di seminare quando la luna è crescente ravanelli, carote, piselli, prezzemolo, lattuga, lattughino da taglio, basilico, angurie, cetrioli, asparagi, cavoli, compreso il cavolo cappuccio, e zucchine. Con la luna crescente si possono inoltre trapiantare fragole, patate, cipolle e lattuga. Approfittate dei giorni di luna crescente per raccogliere le erbe aromatiche e le erbe officinali da essiccare, oltre che per la raccolta di carote e ravanelli.
La luna sarà crescente dal 10 al 22 marzo 2016.
Luna calante
E' preferibile approfittare dei giorni di luna calante per dedicarsi alla semina di topinambur, radicchio, lattughino da taglio, bieta, sedano, cipolle e indivia. Prima della semina, preparate l'orto ad accogliere le nuove piantine rivoltando le zolle ed occupatevi anche di preparare un nuovo cassone per il compostaggio in giardino e di rimestare quanto già accumulato durante l'inverno. Si consiglia inoltre di seminare le erbe aromatiche e di procedere alla potatura di viti, meli e peri in questo periodo. Cipolla, aglio, scalogno e tutti gli ortaggi a bulbo dovrebbero essere preferibilmente raccolti quando la luna è calante.
La luna sarà calante dall'1 all'8 e dal 24 al 31 marzo 2016.

Cipolla

Cipolla - Allium cepa L. Atlante delle coltivazioni erbacee - Piante aromatiche

Famiglia: Liliaceae
Specie: Allium cepa L.
Francese: oignon; Inglese: onion; Spagnolo: cebolla; Tedesco: Zwiebel.

Generalità

La cipolla è una pianta erbaceabiennale probabilmente originaria degli altipiani del Turchestan e dell'Afghanistan (Asia occidentale). La sua coltivazione è molto antica e risale agli Egizi nel IV millennio a.C.; oggi è coltivata in tutto il mondo.
In Italia le regioni maggiormente interessate a questa coltura sono l'Emilia-Romagna, la Campania, la Sicilia e la Puglia.
Cipolle rosse Cipolle rosse (foto www.agraria.org)

Caratteri botanici

La cipolla (Allium cepa L.) appartiene alla famiglia delle Liliaceae. Alcuni studiosi, per la forma dell'infiorescenza, la inseriscono, come l'aglio, nella famigla delle Amarillidaceae.
L'apparato radicale è costituito da numerse radici fascicolate e superficiali (in genere nei primi 20-25 cm di terreno), di colre biancastro, normalmente sprovviste di peli radicali e carnose.
Alla germinazione presenta una piccola foglia che fuoriesce dal terreno con forma ad anello ed in seguito si solleva ed assume l'aspetto di una frusta. Compaiono poi lentamente le altre foglie che sono cave, fistolose, rigonfie nella parte inferiore. Il bulbo (la parte edule della pianta) è costituito dall'ingrossamento della parte basale delle foglie che si ispessiscono, divengono carnose, bianche o leggermente colorate di rosso o violetto. Le guaine esterne si presentano invece sottili, cartacee, di colore variabile dal bianco, al dorato, al rosso al violetto, a seconda della varietà.
Trapiantando i bulbi al secondo anno si forma lo scapo fiorale, cavo internamente e rigonfio nella parte inferiore. Lo scapo porta alla sommità una infiorescenza ad ombrella semplice, globosa, composta da molti fiori, che presentano protandria (vanno a maturazione prima le antere e poi gli ovuli) e conseguente allogamia in quanto la fecondazione è favorita dagli insetti pronubi. Dalla fecondazione si forma una capsula triloculare contenente 1-2 semi, di forma irregolare, generalmente di colore nero, ma anche bruno. Il peso di 1.000 semi va da 3 a 5 grammi.

Esigenze ambientali

La cipolla è abbastanza resistente alle basse temperature, tanto che la germinazione, pur avvenendo in condizioni ottimali intorno ai 20-25°C, può iniziare già a valori di 0-1°C.
Essendo una pianta biennale, la formazione dell'infiorescenza è stimolata dal processo di vernalizzazione.
La cipolla presenta esigenze diverse nei confronti della luce, tanto che le singole varietà iniziano la bulbificazione quando si verificano condizioni appropriate di luminosità:
- brevidiurne: richiedono un periodo di 10-12 ore di luce al giorno (varietà precoci);
- neutrodiurne: richiedono un periodo di 12-14 ore di luce al giorno (varietà medio-precoci);
- longidiurne: richiedono un periodo di 14-16 ore di luce al giorno (varietà tardive o molto tardive).
Predilige terreni di medio impasto tendenzialmente sciolti ma si adatta anche a quelli argillosi purchè freschi, profondi, ricchi di sostanza organica, con buona disponibilità di acqua. E' consigliabile un avvicendamento lungo (ogni 4-5 anni). Predilige terreni con valori di pH tra 6 e 7.

Varietà

Anche se il miglioramento genetico di questa specie ha avuto inizio di recente, la selezione operata dagli agricoltori in precedenza ha consentito di disporre di un certo numero di varietà e tipi differenti per esigenze luminose, lunghezze del ciclo biologico (precoci, medie e tardive), destinazione del prodotto, forma del bulbo, colore delle tuniche esterne (bianche, rosse, gialle, viola, brune).
A seconda della destinazione del prodotto, si distinguono varietà per il consumo fresco (in genere quelle precoci), da serbo, raccolte a fine estate-inizio autunno e conservate fino alla primavera successiva, da sottoli e sottaceti, a bulbo bianco come la "Bianca di Baretta" o la "Borettana", e varietà da disidratare, il cui prodotto è impiegto per i cibi precotti, nelle mense, nei ristoranti.

Tecnica colturale

A causa del fenomeno della "stanchezza del terreno" i migliori risultati produttivi si ottengono con una rotazione aleno triennalee facendo seguire la cipolla a colture prative, cereali, oppure, nelle zone a vocazione orticola, a radicchio, insalate o carota. Sono da evitare successioni a barbabietola da zucchero, patata e cavolo. Si consiglia un'aratura a 30-40 cm.
La semina viene normalmente effettuata con seminatrici di precisione di tipo pneumatico e utilizzando sia seme nudo che confettato o ricorrendo a seme posto su nastro di materiale che si decompone con l'umidità del terreno. La distanza di semina varia in funzione della destinazione finale del prodotto (file distanti 16-20 cm per quelle a bulbo grosso, 9-10 cm per quelle a bulbo più piccolo). Il seme va posto a una profondità di 2-3 cm. Dopo la semina è consigliabile effettuare una leggera rullatura per far meglio aderire il terreno al seme. L'epoca di semina va da settembre a dicembre per le cipolle da consumo fresco, a raccolta primaverile, e da gennaio ad prile per quelle da serbo, a raccolta estivo-autunnale, per sottaceti e da industria. Anziché effettuare la semina diretta è possibile ricorrere al trapianto di piantine ottenute in contenitori alveolari, accorciando così il ciclo di circa 3 settimane.
La cipolla, pur non presentando particolari esigenze nutritive, richiede comunque una buona fertilità del terreno. La concimazione deve essere (nella grande coltura) esclusivamente minerale in quando quella organica, in genere a base di letame bovino, può pregiudicare la conservazione dei bulbi e favorire l'attacco di funghi patogeni e nematodi. Meglio se la concimazione organica viene effettuata sulla coltura precedente. La cipolla necessita di N soprattutto nel periodo che va dalla germinazione alla bulbificazione, mentre ha un particolare fabbisogno di P e K nei 20 giorni che precedono la raccolta; apporti azotati tardivi possono avere ripercussioni negative sulla conservabilità del prodotto.
A causa dell'apparato radicale molto superficiale, la cipolla è molto sensibile agli stress idrici e pertanto occorre intervenire con frequenti irrigazioni, ma di limitata entità. Gli interventi irrigui, di norma, dovrebbero essere sospesi 25-30 giorni prima della raccolta.
La cipollabè una specie che, per forma della pianta e portamento dell'apparato fogliare, non entra in concorrenza con le infestanti presenti sul terreno durante tutto il ciclo colturale. La lotta viene fatta impiegando erbicidi, anche se l'individuazione del principio attivo ottimale non è facile in quanto, essendo la cipolla coltivata quasi ovunque, ci si trova di fronte, di volta in volta, a una composizione floristica diversa; inoltre va osservato che la coltura è presente sul terreno in periodi molto diversi e che abbracciano quasi tutto l'anno.

Raccolta e conservazione

La cipolla è pronta per essere raccolta quando le foglie si presentano appassite, ingiallite e curvate verso terra per la perdita di turgidità. L'estirpazione è di norma effettuata con macchine escavatrici-allineatrici che, formando delle andane, scalzano i bulbi che vengono lasciati sul campo per circa una settimana, fino alla completa essiccazione delle radici e della parte aerea; in seguito, con una macchina raccoglicaricatrice, si provvede alla raccolta.
Una volta raccolti e messi nei contenitori, i bulbi possono essere destinati subito al consumo fresco e all'industria di trasformazione o essere conservati. Non tutte le varietà si prestano alla conservazione; in genere le migliori sono quelle tardive.
La cipolla può essere destinata al consumo fresco o all'industria di conservazione per la produzione di sottoli, sottaceti o fettine disidratate. Il suo valore nutritivo è legato soprattutto alla presenza di sali minerali e di una certa quantità di vitamine, soprattutto la vitamina C.

Avversità

Tra le avversità non parassitarie sono causa di danni rilevanti le gelate tardive e le grandinate. A seguito di tecniche colturali errate o di andamenti climatici avversi, la cipolla può andare incontro alla prefioritura, cioè alla formazione dello scapo fiorale senza formare il bulbo, quando a un andamento climatico normale seguono abbassamenti termici a 10-12°C seguiti da un rapido innalzamento della temperatura.
Virosi
- Virus del mosaico
- Virus del mosaico giallo
Batteriosi
Durante la raccolta e la conservazione è possibile riscontrare tre tipi di marciume batterico: il marciume molle, il marciume solforoso e il marciume acido.
Micosi
Molte sono le micosi che condizionano la produttività della cipolla; alcune si riscontrano sulla parte aerea (peronospora, botrite, alternariosi, carbone), altre sull'apparato ipogeo (marciume basale o fusariosi, antracnosi, marciume rosa delle radici, marciume carbonioso).
Parassiti animali
Numerosi sono i parassiti animali che possono danneggiare la coltura; per fortuna i loro danni sono modesti e pertanto la lotta chimica viene effettuata solo nei confronti di alcuni fitofagi.
- Insetti (Trioza tremblayi), tripide della cipolla, Agriotes spp., Delia antiqua);
- Nematodi (Ditylenchus dipsaci, Longidorus spp., ecc.).

Uso in cucina e proprietà terapeutiche

I bulbi di cipolla sono ampiamente impiegati in cucina per preparare minestre, carni, sughi, insalate, ecc.
Proprietà terapeutiche: antibatterica e antinfettiva, stimola la funzionalità renale favorendo l'eliminazione delle scorie azotate e combatte i vermi intestinali.

giovedì 24 marzo 2016

Trapianto del mirtillo

Il trapianto del mirtillo non si fa nello stesso periodo in tutta Italia, ma varia da Nord e Sud
Il trapianto delle piante di mirtillo va effettuato, in un terreno acido (il pH ideale è compreso tra 4,5 e 5,5), in primavera (da marzo a maggio) nelle regioni settentrionali o alla fine dell’autunno (novembre-dicembre) nelle regioni centrali e meridionali. Per chi è interessato a coltivare più piante di mirtillo il sesto di impianto deve essere di 3 metri tra le file e 1,2-1,4 metri lungo il filare.
Nei vivai è possibile acquistare piante di 9-15 mesi di età in vasi di plastica o a radice nuda. Nel primo caso, viste le ridotte dimensioni dei contenitori, l’apparato radicale delle giovani piantine di mirtillo si presenta fortemente «costretto» all’interno del vasetto. Per favorire la futura crescita è opportuno, prima di procedere al trapianto, intervenire sul pane di terra che ospita l’apparato radicale, districando e distendendo le radici. Subito dopo il trapianto può essere consigliabile effettuare un contenuto alleggerimento della chioma sopprimendo i rami in eccesso, con particolare riguardo a quelli deboli e sottili. Una tempestiva irrigazione dopo il trapianto delle giovani piante di mirtillo si dimostra molto utile per favorirne il buon attecchimento.

Trapiantare i pomodori ad Aprile

Potete coltivare il pomodoro sia sotto piccoli tunnel o in pieno orto dopo aver eseguito con cura la vangatura e una concimazione organica delle aiole. Prima, però, seminate in contenitori alveolati per ottenere piantine con pane di terra

Disegno di una pianta di pomodoro indeterminata con il consueto sostegnoA marzo continua la semina di pomodoro in contenitori alveolati. Dalla prima metà di aprile, poi, occorre mettere a dimora le piantine con pane di terra già pronte sotto piccoli tunnel e da fine mese all’aperto, a meno che non si verifichino ritorni di freddo. È bene scegliere, se possibile, la pacciamatura con teli plastici scuri. Installate con molta cura i sostegni, soprattutto per le varietà che crescono di continuo in altezza (varietà indeterminate, vedi il disegno qui a destra) dotate di maggio vigore vegetativo; a tal proposito Impiegate solidi tutori, alti anche 2,5 metri fuori terra.
Dopo il trapianto irrigate con modeste quantità di acqua.

I significati simbolici dei fiori e dei frutti nella storia dell'uomo Parte 2

... E DEI FRUTTI
Anche le piante da frutto vantano una lunga tradizione simbolica e allegorica.
Il LIMONE è simbolo di fedeltà amorosa, per la sua caratteristica proprietà di produrre frutti lungo tutto il corso dell'anno.
I fiori bianchi dell'ARANCIO, da sempre tradizionale ornamento delle spose, sono simbolo di castità e purezza: l'arancio, come pianta sempreverde, dalle foglie quasi incorruttibili, è anche immagine dell'uomo retto, che cammina sulla via della virtù.
Una lunga tradizone letteraria e pittorica è riservata alla MELAGRANA. La caratteristca di questo frutto di racchiudere in sè numerosi chicchi l'ha da sempre legato a un'imagine di prosperità e fertilità. Raffigurata in mano a Gesù Bambino, la melagrana è poi simbolo di Resurrezione; può essere inoltre allegoria della Chiesa, capace di unire molti popoli e culture in una sola fede.
La MELA, al di là dei miti classici, è per la tradizione cristiana il frutto proibito del giardino del Paradiso, simbolo della caduta dell'uomo nel peccato. Anche se le Sacre Scritture non identificano l'albero della conoscenza propriamente in un melo, ciò lo si riconduce alla lingua latina: in latino infatti malum significa sia melo che male. Una mela raffigurata in mano a Gesù Bambino o un melo alle spalle della Madonna assume però un significato di salvezza e redenzione.
La MELA COTOGNA, dai tempi antichi è simbolo di amore e fertilità; era considerata anche una pianta efficace come  antidoto contro gli avvelenamenti.

La PERA, per la sua proverbiale dolcezza, rimanda invece alla dolcezza di una vita virtuosa.
Il FICO è l'albero delle origini di Roma: secondo la leggenda, la cesta con i piccoli Romolo e Remo, abbandonati in balia delle acque del Tevere, si fermò miracolosamente sotto un fico selvatico. Il fico, nella tradizione delle Sacre Scritture e in quella medievale può significare fertilità e benessere, ma anche peccato e lussuria.
Le foglie tripartite della pianta di FRAGOLA alludono alla Trinità, mentre il fiore bianco è immagine di innocenza e umiltà; per il suo colore rosso la fragola rimadna alla Passione di Gesù, così come la CILIEGIA.

La PRUGNA assume significati diversi a seconda del colore: la prugna scura allude alla passione e morte di Gesù; la gialla alla castità di Cristo; la rossa alla Sua carità; la bianca ala Sua umiltà.

La PESCA, costituita da tre parti - la polpa, il nocciolo e l'interno del nocciolo che racchiude il seme - rimanda sempre al concetto di Trinità; quando una pesca viene raffigurata con una foglia attaccata al picciolo diventa inoltre simbolo del cuore e della lingua, e quindi attributo della Verità.
Nell'antica Roma il NOCE era emblema del matrimonio e simbolo di fertilità; per il cristianesimo il noce è attributio a Sant'Antonio da Padova, in quanto si racconta che il Santo predicasse sovente nei pressi di una pianta di noce.

Il NOCCIOLO è simbolo di fecondità e generazione, di pace e prosperità, nocnhè di salvezza, per una lunga tradizione narrativa.
La CASTAGNA, chiusa in un guscio di aculei spinosi, evoca l'immagine della Passione di Gesù; simboleggia anche la castità, contenendo nel suo nome la raice casta, ovvero pura.
 

I significati simbolici dei fiori e dei futti nella storia dell'uomo, Parte 1

Nell'ambito delle Sacre Scitture, della letteatura e della storia dell'arte, la natura ha sempre avuto un valore molto ampio, non relegato solo al ruolo di ambiente nel quale si svolge la vita umana. Così, nel corso dei milleni e dei secoli, si è voluta dare un'interpretazione agli elementi naturali, conferendo alla terra, al cielo, al mare e agli esseri vegetali e animali che popolano tali ambienti, vizi e virtù, qualità ora tipicamente divine, ora propriamente umane.
Partendo dal Cantico dei Cantici (testo contenuto della Bibbia ebraica e cristiana), passando per i mkti dell'Età classica narrati da Ovidio (poeta romano del I secolo a.C.) e Plinio il Vecchio (scrittore e naturalisra romano del I secolo d.C.), fino ad arrivare alle Nature Morte della pittura dela Manierismo (corrente artistica del XVI secolo) e del Barocco (movimento culturale del XVII secolo e dei primi decenni del XVIII), innumrevoli sono stati i significati attribuiti ai fiori e ai frutti: religiosi, morali, spirituali, terreni, araldici, geografici... Addentriamoci quindi in questo mondo fantastico.

IL SIGNIFICATO DEI FIORI
I fiori sono sicuramente tra i soggetti maggiorente rappresentati nella pittura, ma sono anche oggetto di numerose pagine letterarie. Sin dai tempi antichi, l'immagine del fiore è associata al concetto della bellezza, ma anch di una vita breve ed effimera, destinata a deperire in breve tempo. Quest'ultimo è il tema dominante delle celebri Nature Morte, che raffigurando splendide composizioni floreali, dove fiori meravigliosi figurano accanto ad altri che stanno per appassire, simboleggiano la caducità della vita dell'uomo. Ma il fiore è anche simbolo di speranza: da esso si sviluppa infatti il frutto, che efoca la rinascita. Il fiore è simbolo del nuovo giorno, della primavera ed è, grazie al profumo da esso amanato, un attributo nella raffiugurazione del senso dell'olfatto.
Il MUGHETTO è uno dei primi fiori a spuntare nel giardino: è quindi immagine della primavera. Per la sua purezza, il candore e la dolcezza del suo profumo è associato all'immagine della Madonna. E' inoltre simbolo di umiltà, in quanto la sua corolla è rivolta verso il basso.
Il TULIPANO, soggetto molto frequente della pittura fiamminga (le Fiandre sono una regione del Belgio) del Seicento, data la sua ricercata bellezza, è simbolo della vanita delle cose terrene: è infatti in pittura spesso rappresentato mentre i suoi petali colorati stanno per cadere.
Secondo i miti classici Gicinto era il nome di un amico del dio Apollo: colpito a morte in modo accidentale, venne trasformato da Apollo in un bellissimo fiore. Pur essendo questo episodio legato a una connotazione funeraria, il GIACINTO è simbolo anche si prudenza e saggezza, dato che Apollo nel mondo classico è dio della sapienza.
Secondo le leggende mitlogiche raccontate dal poeta latino Ovidio, Narciso ero uno splendido ragazzo che si innamorò della propria immagine riflessa nell'acqua struggendosi d'amore per se stesso fino alla morte: il NARCISO è quindi un fiore divenuto simbolo si egoismo e di amore verso se stessi. L'avvento del cristianesimo ha però superato tale interpretazione, e il narciso, presente nelle rappresentazioni pittoriche dell'Annuncizione e del Paradiso Terrestre, è divenuto emblema del trionfo d'amore divino e della vita eterna sopra la morte e l'egoismo.
Il GIGLIO è da sempre uno dei fiori più simbolici. Nell'Antico Testamento molti sono i passi dedicati a questo fiore, simbolo di bellezza, fertilità e fioritura spirituale. Come simbolo di purezza, oltre a essere un attributo della Vergine Maria, in molte opere pittoriche viene offerto da Gesù Bambino e dai Santi (celebre l'iconografia di Sant'Antonio da Padova). Appare, inoltre, come emblema araldico della città di Firenze e dei reali di Francia. Nei quadri si accompagna spesso all'iris, che a causa delle sue foglie a forma di spada allude al dolore della Madonna per la morte di Gesù.
Il CICLAMINO, ritenuto un simbolo di fertilità, secondo lo storico latino Plinio il Vecchio rendeva immuni da malefici o eveni nefasti i luoghi nei quali veniva puntato.
La VIOLA è simbolo di modestia e umiltà; il fiore della viola allude anche all'umiltà di Cristo, che si è fatto uomo.
Per il profumo o la delicatezza dei suoi fiori, il GELSOMINO è stato spesso considerato un fiore del Paradiso, simbolo di amore divino. Poichè fiorisce generalmente in maggio, mese dedicato alla Vergine Maria, il fiore del gelsomino evoca con il suo candore bianco il candore e la purezza della Madonna.
Il FIORDALISO, crescendo spesso nei campi di grano, è simbolo di Gesù, in quanto il campo di grano rimanda al pane dell'Eucarestia. Per il suo colore azzuro rimanda al cielo e quindi al Paradiso, assumendo così un ulteriore significato spirituale.
 
Il GIRASOLE, volgendosi sempre verso il corso del sole, ha assunto il significato di devozione incondizionata.
L'ANEMONE, il cui nome deriva dal greco, e significa vento, simboleggia invece una vita breve ed effimera, che appassisce in breve tempo.
L'AQUILEGIA, a causa della particolare conformazione dei suoi petali, simboleggia la colomba dello Spirito Santo.
Il GAROFANO, secondo invece una tradizione nordica, è simbolo del matrimonio o di una promessa d'amore.
Il PAPAVERO è un attributo di tutte le divinità legate al sonno e ai aogni; di conseguenza evoca anche l'idea della notte, del sonno eterno e quindi della morte. Secondo la dottrina cristiana il rosso intenso del papavero rimanda anche alla passione di Gesù.
Terminiamo la rassegna sui fiori parlando della regina dei giardini: la ROSA. Simbolo d'amore, nell'antichità la rosa era un fiore sacro a Venere. Per la presenza delle spine, rimanda però anache al tormento di Gesù durante la Passione. E' anche un attributo di Maria, "Rosa senza spine", perchè non toccata dal peccato originale.