Generalità
Il pesco è probabilmente originario della Cina (secondo alcuni
del Medio Oriente - Persia), dove lo si può ancora rinvenire allo stato
selvatico. L'introduzione del pesco in Europa viene da alcuni attribuita
ad Alessandro Magno a seguito delle sue spedizioni contro i Persiani,
secondo altri i Greci lo avrebbero introdotto dall'Egitto.
Viene coltivato in molti Stati nelle zone con clima temperato mite. A livello mondiale i maggiori produttori sono gli Stati Uniti, seguiti dall'Italia, Spagna, Grecia, Cina, Francia e Argentina.
In Italia le regioni maggiori produttrici sono l'Emilia-Romagna (circa 1/3 della produzione), Campania (1/4), Veneto e Lazio. I primi pescheti specializzati in Italia risalgono alla fine dell'800 e sono stati realizzati in provincia di Ravenna.
Il pesco appartiene alla famiglia delle Rosaceae, tribù delle Amigdaleae, sezione delle Prunoidee , genere Persica, specie vulgaris. Secondo altri studiosi apparterrebbe al genere Prunus (specie persica), come l'albicocco, il ciliegio, il mandorlo e il susino.
Il genere Persica comprende varie specie, tra cui diverse ornamentali. Tra quelle coltivate ricordiamo:
- Persica vulgaris Mill. (= Prunus persica (L.) Batsch.): produce frutti con buccia tomentosa; da consumo fresco o da industria;
- Persica laevis DC (= Prunus persica var. necturina Maxim., Prunus persica var. laevis Gray): pesco noce o nettarina, che produce frutti glabri da consumo fresco.
Il pesco comune è un albero di modeste dimensioni, alto fino a ca. 8 m, con apparato radicale molto superficiale, corteccia bruno-cenerina e rami radi, divaricati, rosso-bruni.
Le foglie sono lanceolate, strette, seghettate.
I fiori, che sbocciano prima della comparsa delle foglie, sono ermafroditi, ascellari, pentameri, colorati in rosa più o meno intenso. I petali sono cinque, il calice è gamosepalo, con cinque sepali; gli stami sono numerosi, fino a 20-30. Il pesco è, in genere, una specie autofertile. Gli ovuli, generalmente due, non giungono tutti a maturazione, ma solo uno di essi viene fecondato e giunge a maturità. Il nocciolo di pesco contiene perciò un solo seme (o mandorla) solcato profondamente, che è di sapore amaro per l'elevato contenuto di amigdalina, un glucoside cianogenetico caratteristico di alcune drupacee. I frutti (le pesche) sono drupe carnose, tondeggianti, solcate longitudinalmente da un lato, coperte da una buccia tomentosa (pesche propriamente dette) o glabra (pesche-noci o nettarine) di vario colore. La polpa è succulenta, di sapore zuccherino più o meno acidulo, di color bianco, giallo o verdastro. La pesca ha una tipica consistenza polposa e succosa che è dovuta all'elevato contenuto in acqua ed alla presenza di pectina.
La maturazione dei frutti avviene tra la prima e la seconda decade di maggio nelle zone meridionali, fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive.
In linea di massima le condizioni climatiche italiane e degli altri Paesi mediterranei sono ideali per la coltivazione del pesco che può sopportare limiti assai ampi, da minime invernali di anche -15 -18°C fino ad ambienti subtropicali dove il riposo invernale è alquanto limitato.
Viene coltivato in molti Stati nelle zone con clima temperato mite. A livello mondiale i maggiori produttori sono gli Stati Uniti, seguiti dall'Italia, Spagna, Grecia, Cina, Francia e Argentina.
In Italia le regioni maggiori produttrici sono l'Emilia-Romagna (circa 1/3 della produzione), Campania (1/4), Veneto e Lazio. I primi pescheti specializzati in Italia risalgono alla fine dell'800 e sono stati realizzati in provincia di Ravenna.
Il pesco appartiene alla famiglia delle Rosaceae, tribù delle Amigdaleae, sezione delle Prunoidee , genere Persica, specie vulgaris. Secondo altri studiosi apparterrebbe al genere Prunus (specie persica), come l'albicocco, il ciliegio, il mandorlo e il susino.
Il genere Persica comprende varie specie, tra cui diverse ornamentali. Tra quelle coltivate ricordiamo:
- Persica vulgaris Mill. (= Prunus persica (L.) Batsch.): produce frutti con buccia tomentosa; da consumo fresco o da industria;
- Persica laevis DC (= Prunus persica var. necturina Maxim., Prunus persica var. laevis Gray): pesco noce o nettarina, che produce frutti glabri da consumo fresco.
Il pesco comune è un albero di modeste dimensioni, alto fino a ca. 8 m, con apparato radicale molto superficiale, corteccia bruno-cenerina e rami radi, divaricati, rosso-bruni.
Le foglie sono lanceolate, strette, seghettate.
I fiori, che sbocciano prima della comparsa delle foglie, sono ermafroditi, ascellari, pentameri, colorati in rosa più o meno intenso. I petali sono cinque, il calice è gamosepalo, con cinque sepali; gli stami sono numerosi, fino a 20-30. Il pesco è, in genere, una specie autofertile. Gli ovuli, generalmente due, non giungono tutti a maturazione, ma solo uno di essi viene fecondato e giunge a maturità. Il nocciolo di pesco contiene perciò un solo seme (o mandorla) solcato profondamente, che è di sapore amaro per l'elevato contenuto di amigdalina, un glucoside cianogenetico caratteristico di alcune drupacee. I frutti (le pesche) sono drupe carnose, tondeggianti, solcate longitudinalmente da un lato, coperte da una buccia tomentosa (pesche propriamente dette) o glabra (pesche-noci o nettarine) di vario colore. La polpa è succulenta, di sapore zuccherino più o meno acidulo, di color bianco, giallo o verdastro. La pesca ha una tipica consistenza polposa e succosa che è dovuta all'elevato contenuto in acqua ed alla presenza di pectina.
La maturazione dei frutti avviene tra la prima e la seconda decade di maggio nelle zone meridionali, fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive.
In linea di massima le condizioni climatiche italiane e degli altri Paesi mediterranei sono ideali per la coltivazione del pesco che può sopportare limiti assai ampi, da minime invernali di anche -15 -18°C fino ad ambienti subtropicali dove il riposo invernale è alquanto limitato.
La scelta del portinnesto dipende da numerosi fattori: il tipo di
terreno, le colture che hanno preceduto, la possibilità o meno di
irrigare, la reperibilità sul mercato vivaistico, la varietà, ecc.
Numerosi sono i possibili portinnesti utilizzabili anche se, nella
pratica, quelli più diffusi sono pochi. Ricordiamo: Franco Slavo,
Selezioni del franco, Serie P.S., GF 677, Sirio, Hansen, Barrier 1,
Susino, M.r.S 2/5, Penta e Tetra.
Le cultivar di pesco, in relazione alla specie di appartenenza e al tipo di prodotto fornito, vengono distinte in:
- cultivar da consumo fresco;
- nettarine;
- percoche.
Nell'ambito delle specie fruttifere maggiormente diffuse nel nostro paese, il pesco da sempre registra la più ampia "creatività" intesa come numero di nuove cultivar che annualmente vengono poste all'attenzione dei frutticoltori. Tale situazione pone problematiche sia al mondo della ricerca, per le difficoltà che si incontrano nel tentativo di valutare preventivamente le "novità varietali" prima che siano rese note sui cataloghi vivaistici; sia a quello produttivo, per il disorientamento che provoca tra i frutticoltori al momento della scelta delle cultivar che dovrebbero rispondere alle esigenze programmatiche dei nuovi impianti da realizzare. Questo intenso dinamismo ha modificato sostanzialmente il "vecchio assortimento varietale", cosa non avvenuta per molte altre specie fruttifere.
Soprattutto nell'ultimo decennio si è assistito ad importanti mutamenti dei caratteri pomologici e commerciali delle nuove cultivar di pesco che interessano sostanzialmente:
a) il colore dell'epidermide, che si è evoluto dal rosso più o meno soffuso e spesso striato su fondo difficilmente privo di verde, seppure chiaro, ad un rosso molto intenso ed estremamente unito, che compare spesso assai prima dell'epoca di raccolta commerciale dei frutti;
b) il sapore della polpa, che tende ad "appiattirsi" rispetto a quello tipico delle "vecchie cultivar", tanto a polpa gialla (generalmente più acide), quanto a polpa bianca (quasi sempre più sapide, perché maggiormente ricche di zuccheri);
c) la consistenza del frutto, tanto sull'albero che post-raccolta, che nelle "nuove cultivar" si presenta elevata o molto elevata, rispetto a quella media o medio-scarsa delle "vecchie cultivar".
Queste modificazioni hanno interessato le cultivar per il consumo fresco, tanto di pesco che di nettarine, ma non quelle per l'industria, più legate a specifiche esigenze tecnologiche dei mezzi meccanici e chimici utilizzati per la trasformazione dei frutti.
Le cultivar da consumo fresco vengono distinte in:
- cultivar a polpa gialla consigliate: Earrly Maycrest, Queencrest, Maycrest, Springcrest, Spring Lady, Springbelle, Royal Glory, Flavorcrest, Redhaven, Rich Lady, Lizbeth, Red Moon, Red Topo, Summer Rich, Maria Marta, Glohaven, Pontina, Romestar, Elegant Lady, Suncrest, Red Coast, Symphonie, Franca, Sibelle, Cresthaven, Roberta Barolo, Bolero, Fayette, Promesse, Sunprice, Aurelia, Early O'Henry, Padana, Calred, O'Henry, Guglielmina, Parade, Flaminia, Fairtime;
- cultivar a polpa bianca consigliate: Primerose, Springtime, Alexandra, Felicia, Anita, Iris Rosso, Maria Grazia, Daisy, Alba, Bea, Redhaven Bianca, Maria Bianca, Fidelia, White Lady, Rosa del West, Maria Rosa, Rossa San Carlo, Maria Angela, Tendresse, Toro, Dolores, K2, Regina Bianca, Duchessa d'Este, Maria Delizia, Tardivo Giuliani, Michelini, Regina di Londa.
Le nettarine possono essere distinte in:
- a polpa gialla consigliate: May Glo, Lavinia, Armking, Rita Star, Maria Emilia, Supercrimson, May Diamond, Red Delight, Weinberger, Gioia, Early Sungrand, Big Top, Spring Red, Firebrite, Maria Laura, Independence, Flavor Gold, Pegaso, Maria Carla, Red Diamond, Antares, Summer Grand, Flavortop, Stark Redgold, Nectaross, Maria Aurelia, Venus, Maria Dolce, Orion, Sweet Red, Caldesi 84, Royal Giant, Sirio, Scarlet Red, Fairlane, Tastyfree, Caldesi 85, California;
- a polpa bianca: Silver King, Caldesi 2000, Caldesi 2010, Silver Star, Silver Moon, Caldesi 2020.
Tra le pesche da industria (o percoche) consigliate ricordiamo: Federica, Tirrenia, Loadel, Villa Giulia, Romea, Villa Adriana, Tebana, Adriatica, Lamone, Villa Ada, Babygold 6, Villa Doria, Carson, Vivian, Andross, Jungerman, Babygold 9, Merriam.
Le cultivar di pesco, in relazione alla specie di appartenenza e al tipo di prodotto fornito, vengono distinte in:
- cultivar da consumo fresco;
- nettarine;
- percoche.
Nell'ambito delle specie fruttifere maggiormente diffuse nel nostro paese, il pesco da sempre registra la più ampia "creatività" intesa come numero di nuove cultivar che annualmente vengono poste all'attenzione dei frutticoltori. Tale situazione pone problematiche sia al mondo della ricerca, per le difficoltà che si incontrano nel tentativo di valutare preventivamente le "novità varietali" prima che siano rese note sui cataloghi vivaistici; sia a quello produttivo, per il disorientamento che provoca tra i frutticoltori al momento della scelta delle cultivar che dovrebbero rispondere alle esigenze programmatiche dei nuovi impianti da realizzare. Questo intenso dinamismo ha modificato sostanzialmente il "vecchio assortimento varietale", cosa non avvenuta per molte altre specie fruttifere.
Soprattutto nell'ultimo decennio si è assistito ad importanti mutamenti dei caratteri pomologici e commerciali delle nuove cultivar di pesco che interessano sostanzialmente:
a) il colore dell'epidermide, che si è evoluto dal rosso più o meno soffuso e spesso striato su fondo difficilmente privo di verde, seppure chiaro, ad un rosso molto intenso ed estremamente unito, che compare spesso assai prima dell'epoca di raccolta commerciale dei frutti;
b) il sapore della polpa, che tende ad "appiattirsi" rispetto a quello tipico delle "vecchie cultivar", tanto a polpa gialla (generalmente più acide), quanto a polpa bianca (quasi sempre più sapide, perché maggiormente ricche di zuccheri);
c) la consistenza del frutto, tanto sull'albero che post-raccolta, che nelle "nuove cultivar" si presenta elevata o molto elevata, rispetto a quella media o medio-scarsa delle "vecchie cultivar".
Queste modificazioni hanno interessato le cultivar per il consumo fresco, tanto di pesco che di nettarine, ma non quelle per l'industria, più legate a specifiche esigenze tecnologiche dei mezzi meccanici e chimici utilizzati per la trasformazione dei frutti.
Le cultivar da consumo fresco vengono distinte in:
- cultivar a polpa gialla consigliate: Earrly Maycrest, Queencrest, Maycrest, Springcrest, Spring Lady, Springbelle, Royal Glory, Flavorcrest, Redhaven, Rich Lady, Lizbeth, Red Moon, Red Topo, Summer Rich, Maria Marta, Glohaven, Pontina, Romestar, Elegant Lady, Suncrest, Red Coast, Symphonie, Franca, Sibelle, Cresthaven, Roberta Barolo, Bolero, Fayette, Promesse, Sunprice, Aurelia, Early O'Henry, Padana, Calred, O'Henry, Guglielmina, Parade, Flaminia, Fairtime;
- cultivar a polpa bianca consigliate: Primerose, Springtime, Alexandra, Felicia, Anita, Iris Rosso, Maria Grazia, Daisy, Alba, Bea, Redhaven Bianca, Maria Bianca, Fidelia, White Lady, Rosa del West, Maria Rosa, Rossa San Carlo, Maria Angela, Tendresse, Toro, Dolores, K2, Regina Bianca, Duchessa d'Este, Maria Delizia, Tardivo Giuliani, Michelini, Regina di Londa.
Le nettarine possono essere distinte in:
- a polpa gialla consigliate: May Glo, Lavinia, Armking, Rita Star, Maria Emilia, Supercrimson, May Diamond, Red Delight, Weinberger, Gioia, Early Sungrand, Big Top, Spring Red, Firebrite, Maria Laura, Independence, Flavor Gold, Pegaso, Maria Carla, Red Diamond, Antares, Summer Grand, Flavortop, Stark Redgold, Nectaross, Maria Aurelia, Venus, Maria Dolce, Orion, Sweet Red, Caldesi 84, Royal Giant, Sirio, Scarlet Red, Fairlane, Tastyfree, Caldesi 85, California;
- a polpa bianca: Silver King, Caldesi 2000, Caldesi 2010, Silver Star, Silver Moon, Caldesi 2020.
Tra le pesche da industria (o percoche) consigliate ricordiamo: Federica, Tirrenia, Loadel, Villa Giulia, Romea, Villa Adriana, Tebana, Adriatica, Lamone, Villa Ada, Babygold 6, Villa Doria, Carson, Vivian, Andross, Jungerman, Babygold 9, Merriam.
Tecnica colturale
Il pescheto può essere eseguito con astoni innestati da vivaio,
piante innestate a gemma dormiente (1-2 gemme), con portinnesti di un
anno da innestare in campo e anche con piante in vaso innestate e in
vegetazione.
I sistemi di allevamento del pesco si possono classificare in: forme in volume, forme a parete verticale e a pareti inclinate. Tutte le forme si possono ottenere più o meno rapidamente a seconda che si privilegi una potatura che si preoccupi soprattutto della forma voluta oppure la precoce entrata in produzione, limitando quanto più possibile interventi di taglio nei primi anni arrivando alla forma voluta più tardi. La moderna frutticoltura tende sempre più al secondo metodo per ammortizzare i costi nel minor tempo possibile. In generale, si può affermare che l’attuale tecnica tende a contenere lo sviluppo delle piante al fine di ridurre i tempi di lavoro.
Le forme di allevamento utilizzate nelle diverse realtà persicole sono: vaso, vasetto ritardato, vaso veronese, Palbidone, Palmetta, Pal-spindel, Fusetto, Ipsilon trasversale.
La scelta del sesto d'impianto deve tenere conto di molti elementi: il portinnesto, la fertilità del terreno, la forma di allevamento, la disponibilità di acqua, la varietà , ecc.
La potatura di produzione ha lo scopo di regolare la produzione e migliorare la qualità dei frutti. Nel pesco inizia molto presto: già al secondo anno compaiono diversi frutti e al quarto o al quinto anno si passa alla piena produzione; l’intensità del diradamento dei rami misti deve anch’essa essere man mano maggiore fino a raggiungere il 50-70 % nella fase adulta. Al raggiungimento della piena fruttificazione si deve porre la massima attenzione per mantenere il giusto equilibrio fra vegetazione e produzione, distribuendo quest’ultima sulle branche primarie e secondarie in modo razionale mediante l’asportazione dei rami che hanno prodotto e tagli di ritorno sopra uno o più rami misti di giusto vigore, eliminando i rami troppo vigorosi o male inseriti così da mantenere i rami a frutto il più possibile vicino alla struttura scheletrica della pianta.
Le varietà di pesche da industria (percoche), in generale, producono meglio sui dardi (mazzetti di maggio) e sui brindilli inseriti sui rami che hanno già fruttificato (grondacci), pertanto questi non vanno asportati completamente ma accorciati o diradati in quanto per queste varietà l’industria richiede frutti di pezzatura uniforme e non grossa.
Durante la piena fruttificazione è necessario eseguire uno o due interventi in verde per asportare i succhioni, diradare o piegare i germogli onde favorire una buona lignificazione e mantenere rivestita la parte basale della chioma.
Il diradamento dei frutti è la più importante operazione per ottenere frutti di pezzatura commerciale a complemento della potatura sia di allevamento che di produzione. Va eseguita alla quarta-sesta settimana (25-35 giorni) dopo la piena fioritura: iniziata precocemente assicura una miglior pezzatura dei frutti, un anticipo della maturazione, miglior colore e maggiore differenziazione di gemme per l’anno successivo ma, nelle varietà soggette a spaccatura del nocciolo, ne accentua il difetto. Nelle varietà molto precoci e sotto tunnel di forzatura, può essere utile eseguire il diradamento in due volte, una prima volta energica e una seconda di rifinitura.
La corretta nutrizione è un elemento fondamentale per assicurare elevati livelli produttivi e qualitativi del pescheto; essa deve tenere conto di tutte le tecniche colturali applicate e delle reali condizioni del terreno opportunamente analizzato. L’estrema diversità di tipi di terreno e di ambienti in cui il pesco viene coltivato rende impossibile una generalizzazione della concimazione; questa deve sempre essere fatta sulla base di informazioni relative alle caratteristiche fisico-chimiche risultanti dalle analisi del terreno. Durante la preparazione del terreno è sempre consigliabile un’abbondante concimazione organica sia generalizzata che localizzata sulla fila o nella buca; nei terreni sciolti, grossolani, è opportuno frazionare gli apporti organici distribuendone parte prima dell’impianto e parte alla fine della prima vegetazione, calcolando che per ogni 100 quintali di letame si apportano circa 50 unità di azoto, 30 unità di fosforo, 40 unità di potassio, microelementi, e si migliora la struttura del terreno nonché l’assorbimento degli elementi nutritivi. La concimazione minerale deve tenere conto delle dotazioni di fosforo e potassio rilevate. Con le nuove tecniche il periodo di allevamento è ridotto quasi ad una sola vegetazione, pertanto fin dal primo anno si deve intervenire con la concimazione in funzione della produzione; questa dovrebbe essere guidata dalla diagnostica fogliare stante la diversità di condizioni che caratterizza le aree peschicole e gli stessi frutteti. L’inerbimento favorisce l’assorbimento sia del potassio che del fosforo. I microelementi vanno considerati con attenzione ricorrendo alla diagnostica fogliare per valutarne la necessità di apporti durante la fase produttiva.
I fabbisogni idrici del pesco variano a seconda di diversi fattori: terreno, piovosità, portinnesto, varietà, gestione del suolo, ecc.. E’ stato calcolato che un ettaro di pescheto in produzione consuma da 2500 a 4000 mc d’acqua pari a 250-400 mm di pioggia; considerando però che le piante utilizzano solo una parte dell’acqua che arriva loro per le precipitazioni o per l’irrigazione, l’apporto deve essere sensibilmente superiore.
La distribuzione del totale volume di adacquamento deve differenziarsi in funzione delle diverse situazioni: più frequente nei terreni sciolti che in quelli compatti; più concentrata in primavera-inizio estate per le varietà precoci; abbondante nella fase di fioritura, scarsa fino all’indurimento del nocciolo, più forte durante l’accrescimento del frutto, ancora limitata dopo la raccolta seppur continua, per favorire la differenziazione delle gemme e l’accumulo di sostanze di riserva.
L’inerbimento anche parziale del pescheto comporta la necessità di abbondare con le concimazioni e l’irrigazione a causa della competizione nutrizionale ed idrica che può compromettere l’attività vegetativa e la quantità dei frutti. L’inerbimento migliora le caratteristiche di porosità e permeabilità del terreno, inoltre incrementa il contenuto di sostanza organica e l’attività biologica del terreno.
Nei pescheti condotti in coltura asciutta non è possibile l’inerbimento ed è necessario ricorrere alla lavorazione del suolo con la precauzione di eseguirla in modo molto superficiale, evitando l’esecuzione in periodi troppo umidi per non compattare e creare problemi di asfissia alle radici del pescheto.
I sistemi di allevamento del pesco si possono classificare in: forme in volume, forme a parete verticale e a pareti inclinate. Tutte le forme si possono ottenere più o meno rapidamente a seconda che si privilegi una potatura che si preoccupi soprattutto della forma voluta oppure la precoce entrata in produzione, limitando quanto più possibile interventi di taglio nei primi anni arrivando alla forma voluta più tardi. La moderna frutticoltura tende sempre più al secondo metodo per ammortizzare i costi nel minor tempo possibile. In generale, si può affermare che l’attuale tecnica tende a contenere lo sviluppo delle piante al fine di ridurre i tempi di lavoro.
Le forme di allevamento utilizzate nelle diverse realtà persicole sono: vaso, vasetto ritardato, vaso veronese, Palbidone, Palmetta, Pal-spindel, Fusetto, Ipsilon trasversale.
La scelta del sesto d'impianto deve tenere conto di molti elementi: il portinnesto, la fertilità del terreno, la forma di allevamento, la disponibilità di acqua, la varietà , ecc.
La potatura di produzione ha lo scopo di regolare la produzione e migliorare la qualità dei frutti. Nel pesco inizia molto presto: già al secondo anno compaiono diversi frutti e al quarto o al quinto anno si passa alla piena produzione; l’intensità del diradamento dei rami misti deve anch’essa essere man mano maggiore fino a raggiungere il 50-70 % nella fase adulta. Al raggiungimento della piena fruttificazione si deve porre la massima attenzione per mantenere il giusto equilibrio fra vegetazione e produzione, distribuendo quest’ultima sulle branche primarie e secondarie in modo razionale mediante l’asportazione dei rami che hanno prodotto e tagli di ritorno sopra uno o più rami misti di giusto vigore, eliminando i rami troppo vigorosi o male inseriti così da mantenere i rami a frutto il più possibile vicino alla struttura scheletrica della pianta.
Le varietà di pesche da industria (percoche), in generale, producono meglio sui dardi (mazzetti di maggio) e sui brindilli inseriti sui rami che hanno già fruttificato (grondacci), pertanto questi non vanno asportati completamente ma accorciati o diradati in quanto per queste varietà l’industria richiede frutti di pezzatura uniforme e non grossa.
Durante la piena fruttificazione è necessario eseguire uno o due interventi in verde per asportare i succhioni, diradare o piegare i germogli onde favorire una buona lignificazione e mantenere rivestita la parte basale della chioma.
Il diradamento dei frutti è la più importante operazione per ottenere frutti di pezzatura commerciale a complemento della potatura sia di allevamento che di produzione. Va eseguita alla quarta-sesta settimana (25-35 giorni) dopo la piena fioritura: iniziata precocemente assicura una miglior pezzatura dei frutti, un anticipo della maturazione, miglior colore e maggiore differenziazione di gemme per l’anno successivo ma, nelle varietà soggette a spaccatura del nocciolo, ne accentua il difetto. Nelle varietà molto precoci e sotto tunnel di forzatura, può essere utile eseguire il diradamento in due volte, una prima volta energica e una seconda di rifinitura.
La corretta nutrizione è un elemento fondamentale per assicurare elevati livelli produttivi e qualitativi del pescheto; essa deve tenere conto di tutte le tecniche colturali applicate e delle reali condizioni del terreno opportunamente analizzato. L’estrema diversità di tipi di terreno e di ambienti in cui il pesco viene coltivato rende impossibile una generalizzazione della concimazione; questa deve sempre essere fatta sulla base di informazioni relative alle caratteristiche fisico-chimiche risultanti dalle analisi del terreno. Durante la preparazione del terreno è sempre consigliabile un’abbondante concimazione organica sia generalizzata che localizzata sulla fila o nella buca; nei terreni sciolti, grossolani, è opportuno frazionare gli apporti organici distribuendone parte prima dell’impianto e parte alla fine della prima vegetazione, calcolando che per ogni 100 quintali di letame si apportano circa 50 unità di azoto, 30 unità di fosforo, 40 unità di potassio, microelementi, e si migliora la struttura del terreno nonché l’assorbimento degli elementi nutritivi. La concimazione minerale deve tenere conto delle dotazioni di fosforo e potassio rilevate. Con le nuove tecniche il periodo di allevamento è ridotto quasi ad una sola vegetazione, pertanto fin dal primo anno si deve intervenire con la concimazione in funzione della produzione; questa dovrebbe essere guidata dalla diagnostica fogliare stante la diversità di condizioni che caratterizza le aree peschicole e gli stessi frutteti. L’inerbimento favorisce l’assorbimento sia del potassio che del fosforo. I microelementi vanno considerati con attenzione ricorrendo alla diagnostica fogliare per valutarne la necessità di apporti durante la fase produttiva.
I fabbisogni idrici del pesco variano a seconda di diversi fattori: terreno, piovosità, portinnesto, varietà, gestione del suolo, ecc.. E’ stato calcolato che un ettaro di pescheto in produzione consuma da 2500 a 4000 mc d’acqua pari a 250-400 mm di pioggia; considerando però che le piante utilizzano solo una parte dell’acqua che arriva loro per le precipitazioni o per l’irrigazione, l’apporto deve essere sensibilmente superiore.
La distribuzione del totale volume di adacquamento deve differenziarsi in funzione delle diverse situazioni: più frequente nei terreni sciolti che in quelli compatti; più concentrata in primavera-inizio estate per le varietà precoci; abbondante nella fase di fioritura, scarsa fino all’indurimento del nocciolo, più forte durante l’accrescimento del frutto, ancora limitata dopo la raccolta seppur continua, per favorire la differenziazione delle gemme e l’accumulo di sostanze di riserva.
L’inerbimento anche parziale del pescheto comporta la necessità di abbondare con le concimazioni e l’irrigazione a causa della competizione nutrizionale ed idrica che può compromettere l’attività vegetativa e la quantità dei frutti. L’inerbimento migliora le caratteristiche di porosità e permeabilità del terreno, inoltre incrementa il contenuto di sostanza organica e l’attività biologica del terreno.
Nei pescheti condotti in coltura asciutta non è possibile l’inerbimento ed è necessario ricorrere alla lavorazione del suolo con la precauzione di eseguirla in modo molto superficiale, evitando l’esecuzione in periodi troppo umidi per non compattare e creare problemi di asfissia alle radici del pescheto.
Produzioni
Per determinare il momento ottimale per eseguire la raccolta si
può ricorrere all'uso di penetrometri, strumenti che consentono di
determinare la resistenza alla penetrazione di puntali di superficie
nota, anche se per il pesco si ricorre spesso ad altri parametri, tra
cui il controllo della colorazione dell'epidermide, in particolare modo
del colore di fondo.
La raccolta viene effettuata generalmente in più volte; sono escluse le percoche qualora si pratichi la raccolta meccanica. questa operazione può essere fatta ricorrendo ai sistemi tradizionali, cioè alle scale oppure ad appositi carri raccolta opportunamente attrezzati per l'utilizzazione dei pallets.
La produttività degli impianti peschicoli può variare notevolmente: risulta minore per le cultivar precoci mentre tende ad aumentare per quelle tardive; nelle cultivar più produttive può giungere fino a 400 q/ha.
Dalle aziende le pesche passano, normalmente, ai magazzini di lavorazione dove si provvede alla cernita, alla spazzolatura, e al confezionamento in imballaggi standardizzati e per le varietà intermedie o tardive alla conservazione.
La pesca oltre che essere consumata allo stato fresco in numerose preparazioni è largamente utilizzata nella produzione di marmellate, succhi e pesche sciroppate, pesche essiccate, mostarda e canditi, frutti al brandy, alcool.. In Italia l'industria conserviera di pesche occupa un posto di primo piano.
La raccolta viene effettuata generalmente in più volte; sono escluse le percoche qualora si pratichi la raccolta meccanica. questa operazione può essere fatta ricorrendo ai sistemi tradizionali, cioè alle scale oppure ad appositi carri raccolta opportunamente attrezzati per l'utilizzazione dei pallets.
La produttività degli impianti peschicoli può variare notevolmente: risulta minore per le cultivar precoci mentre tende ad aumentare per quelle tardive; nelle cultivar più produttive può giungere fino a 400 q/ha.
Dalle aziende le pesche passano, normalmente, ai magazzini di lavorazione dove si provvede alla cernita, alla spazzolatura, e al confezionamento in imballaggi standardizzati e per le varietà intermedie o tardive alla conservazione.
La pesca oltre che essere consumata allo stato fresco in numerose preparazioni è largamente utilizzata nella produzione di marmellate, succhi e pesche sciroppate, pesche essiccate, mostarda e canditi, frutti al brandy, alcool.. In Italia l'industria conserviera di pesche occupa un posto di primo piano.
Avversità
Avversità non parassitarie
Sono rappresentate dalle difficili condizioni climatiche, dalle alterazioni dovute a carenze o eccessi nutrizionali e idrici, da un errato uso di fitofarmaci o dagli inquinanti atmosferici. Le principali avversità meteoriche sono le basse temperature, la grandine, la neve, e il vento. I freddi precoci risultano dannosi in alberi di pesco abbondantemente e tardivamente concimati con azoto e/o oggetto di irrigazioni eccessive eseguite tardivamente e in tutti i casi in cui l'attività vegetativa delle piante sia protratta oltremisura nel tempo. I forti freddi invernali possono causare danni anche gravi. I freddi tardivi risultano particolarmente dannosi in prossimità della fioritura. La grandine è in grado di provocare gravi danni non solo alla produzione ma anche alla vegetazione. Il vento risulta molto dannoso durante la fioritura perché impedisce il volo dei pronubi, oltre che in prossimità della maturazione in quanto determina un distacco anticipato dei frutti.
Virosi, micoplasmosi e batteriosi
La tecnica della micropropagazione ha reso possibile la commercializzazione di materiale esente da virosi.
Ciononostante nei pescheti adulti è possibile riscontrare ancora diverse virosi o micoplasmosi quali: accartocciamento clorotico, calico o mosaico giallo, nanismo, maculatura anulare, maculatura clorotica, mosaico, rosetta a mosaico, rosetta a foglie saliciformi, pesca verrucosa, butteratura del legno, giallume, rosetta, malattia X.
Le batteriosi che si possono riscontrare sul pesco sono rappresentate essenzialmente dal tumore radicale, dal cancro batterico e dalla maculatura batterica.
Micosi
Molte sono le crittogame parassite del pesco; tra le tante risultano più dannose la bolla, l'oidio, il corineo, la monilia, il cancro, il mal del piombo, il marciume del colletto.
Parassiti animali
Tra gli insetti ricordiamo: gli afidi (afide nero del pesco, afide bruno del pesco, afide farinoso del pesco, afide verde del pesco), le cocciniglie (cocciniglia a barchetta del pesco, parlatoria dei fruttiferi, cocciniglia bianca del pesco, cocciniglia di S. Josè), l'anarsia, la tignola orientale, la mosca della frutta; danni occasionali possono essere provocati dal taglia gemme dei fruttiferi, dal taglia gemme dorato, dallo scolitide dei fruttiferi e dallo xileboro dei fruttiferi.
Gli acari presenti sul pesco sono essenzialmente il ragno rosso, il ragnetto rosso, il ragnetto bruno dei fruttiferi.
I nematodi che attaccano il pesco sono molti e fra questi alcuni del genere Meloidogyne.
Sono rappresentate dalle difficili condizioni climatiche, dalle alterazioni dovute a carenze o eccessi nutrizionali e idrici, da un errato uso di fitofarmaci o dagli inquinanti atmosferici. Le principali avversità meteoriche sono le basse temperature, la grandine, la neve, e il vento. I freddi precoci risultano dannosi in alberi di pesco abbondantemente e tardivamente concimati con azoto e/o oggetto di irrigazioni eccessive eseguite tardivamente e in tutti i casi in cui l'attività vegetativa delle piante sia protratta oltremisura nel tempo. I forti freddi invernali possono causare danni anche gravi. I freddi tardivi risultano particolarmente dannosi in prossimità della fioritura. La grandine è in grado di provocare gravi danni non solo alla produzione ma anche alla vegetazione. Il vento risulta molto dannoso durante la fioritura perché impedisce il volo dei pronubi, oltre che in prossimità della maturazione in quanto determina un distacco anticipato dei frutti.
Virosi, micoplasmosi e batteriosi
La tecnica della micropropagazione ha reso possibile la commercializzazione di materiale esente da virosi.
Ciononostante nei pescheti adulti è possibile riscontrare ancora diverse virosi o micoplasmosi quali: accartocciamento clorotico, calico o mosaico giallo, nanismo, maculatura anulare, maculatura clorotica, mosaico, rosetta a mosaico, rosetta a foglie saliciformi, pesca verrucosa, butteratura del legno, giallume, rosetta, malattia X.
Le batteriosi che si possono riscontrare sul pesco sono rappresentate essenzialmente dal tumore radicale, dal cancro batterico e dalla maculatura batterica.
Micosi
Molte sono le crittogame parassite del pesco; tra le tante risultano più dannose la bolla, l'oidio, il corineo, la monilia, il cancro, il mal del piombo, il marciume del colletto.
Parassiti animali
Tra gli insetti ricordiamo: gli afidi (afide nero del pesco, afide bruno del pesco, afide farinoso del pesco, afide verde del pesco), le cocciniglie (cocciniglia a barchetta del pesco, parlatoria dei fruttiferi, cocciniglia bianca del pesco, cocciniglia di S. Josè), l'anarsia, la tignola orientale, la mosca della frutta; danni occasionali possono essere provocati dal taglia gemme dei fruttiferi, dal taglia gemme dorato, dallo scolitide dei fruttiferi e dallo xileboro dei fruttiferi.
Gli acari presenti sul pesco sono essenzialmente il ragno rosso, il ragnetto rosso, il ragnetto bruno dei fruttiferi.
I nematodi che attaccano il pesco sono molti e fra questi alcuni del genere Meloidogyne.
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